La recezione di “Amoris Laetitia” (/5): La lettera pastorale del Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
Mentre alcuni cardinali, privi di scrupoli pastorali, cercano di frenare ad ogni costo la applicazione di AL, i pastori propongono vie di traduzione e di recezione locale del dettato magisteriale post-sinodale. Dopo l’Arcivescovo di Modena, ora anche Mons. Giovan Battista Pichierri, il Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha scritto una lettera pastorale dal titolo “In cammino verso la pienezza dell’amore. Lettera sull’Amoris Laetitia”. Il testo si divide in due parti ed è seguito dal Decreto di nomina di presbiteri incaricati di intervenire autorevolmente nel processo di discernimento ecclesiale.
Di grande interesse è il fatto che tutta la prima parte del documento è volta a cogliere lo “spirito della esortazione” (nn.1-20), mentre la seconda entra nel dettaglio delle novità pastorali che si rendono necessarie (nn.21-50).
1. “Cogliere lo spirito della esortazione”
Anzitutto la lettera esorta a riscoprire l’annuncio dell’amore tra uomo e donna, che non deve abbagliare, ma deve far restare con i piedi per terra. In questa linea la ispirazione conciliare, ripresa dal magistero papale successivo, invita ad una rilettura coraggiosa tanto della famiglia quanto dell’uomo. A questa ispirazione conciliare corrisponde un metodo sinodale con cui il documento è stato costruito lungo i due sinodi e con la consultazione duplice del popolo di Dio. Vi si riflette, inoltre, l’innovativo magistero di papa Francesco, per il quale l’”odore delle pecore” invita il pastore a “stare in mezzo al suo popolo”. E qui la Lettera avanza una bella ricostruzione della posizione di papa Francesco rispetto al popolo di Dio. Egli sta davanti orientandolo alla verità, sta in mezzo toccando e lasciandosi toccare dalle gioie e dai dolori delle famiglie; sta dietro per raccogliere chi non ce la fa e per lasciarsi guidare dal “sensus fidei” del popolo stesso. In questa ultima posizione Francesco indica la necessità di “rileggere e trasformare la tradizione”, superando il rigorismo e il massimalismo, per attingere alla benevolenza pastorale della più alta tradizione morale. Il tono sapienziale della lettura e la considerazione delle “diverse situazioni” caratterizzano il documento in modo forte.
Investiti del compito della accoglienza, dell’accompagnamento, del discernimento e della integrazione sono anzitutto le famiglie, insieme ai loro pastori. Tutto ciò dovrà avvenire tenendo conto di tre criteri:
– esaminare persona per persona
– mirare al bene possibile
– attuare il criterio della gradualità
2. Orientamenti pastorali sulle situazioni di fragilità
La seconda parte del documento si occupa nel dettaglio delle nuove prospettive che AL apre in rapporto alle sofferenze delle famiglie ferite o naufragate. Il criterio orientativo è duplice: al passaggio dei pastori da controllori e facilitatori della grazia corrisponde uno sguardo sul popolo in mezzo al quale nessun membro deve ritenersi o essere ritenuto “condannato per sempre”. Per questo occorre che la verità sia non imposta alla, ma riconosciuta dalla coscienza, con una pastorale nella quale lo stile sia quello della accoglienza del padre e della pazienza del medico. Il percorso ecclesiale di conversione dovrà quindi assumere la “via della coscienza”, la forma del “dialogo” e la priorità della “accoglienza di ogni persona”. La assolutizzazione di una “pena per sempre” sarebbe contraddittoria con l’annuncio della misericordia. Nessuno degli ambiti che prima erano sostanzialmente preclusi ad ogni accesso da parte degli “irregolari” (ossia quello liturgico-ministeriale, pastorale, educativo e istituzionale) potrà restare inaccessibile. Anche se non si tratterà mai di pretendere un diritto, quanto piuttosto di entrare in un percorso di conversione. Questa evoluzione potrà riguardare anche l’accesso ai sacramenti (della penitenza e della eucaristia), anche se questi passaggi dovranno avere “visibilità ecclesiale”, per la quale sono stati predisposti ministri designati, di modo che questa procedura garantisca la trasparenza ed eviti la possibile manipolazione delle circostanze e delle persone.
3. Le diverse situazioni di fragilità
Ci sono diverse forme di amore ferito, smarrito o incompiuto, che meritano una pratica ecclesiale rinnovata. In particolare viene dettagliata con grande precisione la procedura di eventuale riammissione dei divorziati risposati civilmente alla comunione eucaristica, con la valutazione di questi elementi:
– accertare la validità canonica del precedente matrimonio
– l’esame di coscienza
– la valutazione delle responsabilità genitoriali
– i tentativi di riconciliazione
– la irreversibilità della relazione
– non esigere più di quanto si possa dare
– la situazione del partner abbandonato
– la valutazione delle conseguenze scandalose
– l’impatto negativo sui giovani
– la valutazione della consistenza morale della nuova coppia
– verificare la consapevolezza della nuova coppia circa la propria distanza dall’ideale evangelico
– verificare l’impegno di vita cristiana
Questo lungo elenco di criteri è tuttavia supportato dalla coscienza che lo scandalo maggiore che si potrebbe dare sarebbe quello di non saper integrare questi fratelli nella logica di misericordia. Con un incitamento alla “santa audacia della fede” la lettera di chiude con il decreto di nomina dei presbiteri designati per il Riconoscimento ecclesiale dei casi familiari ammissibili ai sacramenti.
Siamo di fronte ad un ulteriore atto di autorevole recezione del testo di AL, che inizierà a produrre frutti di misericordia e di nuova gioia possibile e riconosciuta nel territorio della Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Una buona notizia per le famiglie pugliesi.
Gentile professor Grillo, i suoi ultimi post mi danno lo spunto per una riflessione da condividere. Trovo davvero interessante la rilettura del paradosso di Achille e la tartaruga alla luce del dibattito insorto dopo Amoris Laetitia per quanto riguarda l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati. Però mi vien da dire che se è vero che l’esperienza rende assurda la logica apparentemente ferrea che dava come impossibile il raggiungimento della tartaruga da parte di Achille, è pur vero che una spiegazione razionale e non solo esperienziale dell’effettivo raggiungimento esiste, ma all’epoca di Zenone non esistevano gli strumenti matematici per elaborarla e solo circa 2000 anni dopo essi sarebbero stati resi disponibili alla causa. Si potrebbe dire che l’esperienza è stata di stimolo ai pensatori per continuare a cercare degli elementi logici che permettessero di descrivere la realtà per quella che era, in modo corretto. Tornando al nostro argomento di partenza, effettivamente oggi esistono delle situazioni di vita di coppia che per la dottrina che abbiamo oggi a disposizione semplicemente “non dovrebbe esistere”, perché non si sa davvero come collocarle: siamo d’accordo che non corrispondono all’ideale che conosciamo ma allo stesso tempo l’etichetta che alcuni si ostinano ad applicare (“stato di peccato mortale permanente” solo per citare un esempio dei più brutali) pare davvero inadeguata quando si conoscono le persone e la loro storia di vita. Applicare la stessa disciplina a chi abbandona il proprio sposo/a per formare una famiglia con un’altro/a e a chi, magari abbandonato e dopo anni di solitudine, incontra una persona con cui si sente di poter instaurare una nuova relazione pare davvero difficilmente conciliabile con il desiderio di verità, giustizia e misericordia che ci abita. Ciò mi conferma nella convinzione che sia necessario procedere ancora, probabilmente a lungo, con lo studio e la riflessione, affinchè la dottrina e la disciplina del matrimonio possano attrezzare la pastorale di strumenti più idonei per comprendere e accogliere le situazioni complesse. A questo proposito condividevo la parte finale di un articolo pubblicato da settimana news a firma di Marcello Neri il 9 maggio scorso che mi pare cogliesse nel segno quando sottolineava la necessità di non considerare con Amoris Laetitia chiuso il problema dei divorziati risposati, ma anzi invitava tutti a rimboccarsi le maniche. In questo senso i dubbi dei 4 cardinali mi portano a domandarmi se non siamo davvero di fronte alla evidenza della necessità di una modifica realmente profonda di alcuni criteri che davamo per scontati, a cui loro oppongono effettivamente un sostanziale rifiuto, ma che dall’altra parte non si è ancora in grado di esprimere con piena chiarezza: un po’ come se si fosse in quei 2000 anni che sono intercorsi tra il paradosso di Zenone e la possibilità di offrirne una spiegazione matematica!
Anche nelle forme di recezione finora proposte restano degli aspetti un po’ contrastanti. Per esempio i vescovi argentini, nel loro decalogo, che pur rappresenta probabilmente una delle formulazioni più vicine al sentire di Papa Francesco, non li capisco molto quando nel punto 5 profilano la scelta della continenza per le coppie “più avanti” nel percorso di fede. Così a me sembra davvero un abbassare l’asticella per quelli la cui fede è un po’ più debole; con la speranza poi che col tempo e con il cammino di discernimento la fede cresca e si arrivi a quella scelta della continenza? Oppure accontendosi che la fede debole resti tale e la coppia continui serenamente il suo percorso? È vero che poi ci sono gli altri punti, ma a me suona un po’ strano… forse non capisco bene io. Della proposta del vescovo di Trani mi piace l’idea di identificare delle figure in grado di dare un giudizio autorevole e alla luce del sole, per non vivere solo di “fori interni”. Forse mi sono spinto un po’ oltre il mio ruolo e le mie competenze ma mi sembra che nel periodo pre-sinodale erano state fatte delle proposte magari un po’ troppo ardite ma che forse meritano di essere ancora riprese e sviluppate proprio alla luce dell’Amoris Laetitia che, guardando al reale, all’Achille che raggiunge la tartaruga, ci stimola tutti ad approfondire ancora la questione perché non esistono soluzioni facili.
Grazie
Fabio
gentile Fabio
sono pienamente d accordo. AL è solo l importante inizio di una grande riformulazione della dottrina matrimoniale. Che avrà bisogno di teorie e pratiche all altezza. Sulle quali lavoreremo almeno per decenni.
Grazie
Caro Andrea, Lego come sempre il tuo blog con interesse. In questo caso, come tra l’altro e abbastanza abituale nelle tue non risposte, devo dire che sono rimasto deluso. La tua risposta ironica, che non vuole entrare ai problemi e che disprezza estabilire un dialogo con altri fratelli non si addice al clima di parresia e dialogo cristiano che continua a ricordarci Papa Francesco.
Possiamo prendere delle parole recenti di Papa Francesco sul matrimonio: “come è la fede nel matrimonio? Il matrimonio è la cosa più bella che Dio ha creato. La Bibbia ci dice che Dio ha creato l’uomo e la donna, li ha creati a sua immagine (cfr Gen 1,27). Cioè, l’uomo e la donna che diventano una sola carne sono immagine di Dio. Io ho capito, Irina, quando tu spiegavi le difficoltà che tante volte vengono nel matrimonio: le incomprensioni, le tentazioni… “Mah, risolviamo la cosa per la strada del divorzio, e così io mi cerco un altro, lui si cerca un’altra, e incominciamo di nuovo”. Irina, tu sai chi paga le spese del divorzio? Due persone, pagano. Chi paga? [Irina risponde: tutti e due] Tutti e due? Di più! Paga Dio, perché quando si divide “una sola carne”, si sporca l’immagine di Dio. E pagano i bambini, i figli. Voi non sapete, cari fratelli e sorelle, voi non sapete quanto soffrono i bambini, i figli piccoli, quando vedono le liti e la separazione dei genitori! Si deve fare di tutto per salvare il matrimonio”.
Il divorzio sporca l’immagine di Dio. Queste parole sono del Papa Francesco che parla a braccio con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e gli agenti di pastorale nella chiesa dell’Assunta a Tblisi in Georgia qualche mese fa. Veramente sono molto interessanti perché ricordano quelle altre del Catechismo della Chiesa Cattolica nel numero 2384: ll divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente. Nel numero succesivo continua il Catechismo: “Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale”.
Allora sembra logico quello che il Catechismo dica qualche numero prima: “La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo («Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza”.
Da tanti anni, alcuni pastori e teologi dicono che le cose non dovrebbero stare così ma il Magistero sembrava confermare le cose. Adesso la novità è che alcuni dicono che dopo Amoris laetitia ha cambiato questa prassi. Mi pare che è alla luce del giorno che c’è un stato di certo dubbio perché ci sono diversità di vedute. Sembra logico chiedere al Santo Padre, garante dell’unità, custode della fede, se le cose continuano a essere come dice il Catechismo del Concilio Vaticano II o no.
È vero che davanti ai recenti dubbia di quattro cardinali si può non rispondere, si può dire che il problema non c’è, si può rispondere con una nota a piede di pagina, una lettera privata o una battuta in una conferenza stampa, si può anche ironizzare e criticare coloro che fanno delle domande ma queli che sofrono sono i sacerdoti confessori e i fedeli. Se la Chiesa ha capito e approfondito di recente la verità lo deve dire chiaramente, se adesso ha poteri che prima credeva non avere lo deve dire chiaro e tondo. Altrimenti anche deve chiarire perché i fedeli non possono essere inganati, non vogliamo la grazia a buon mercato, vogliamo veramente seguire Gesù come Lui vuole essere seguito non come noi o come, la società vuole. La realtà sociale non può essere il criterio ultimo perché è la stessa realtà che adora il dio denaro, vuole potere, ha paura e costruisce i muri … e questo tutti siamo d’accordo che deve cambiare, anche la realtà deve cambiare.
Un’ultima cosa è segnalare che bisogna essere più sincero e chiaro. Di tutti i tuoi articoli si dice senza dirlo che qui non ci giochiamo soltanto cosa è il matrimonio ma anche cosa è l’Eucaristia, il sacramento dell’Ordine, la Chiesa stessa… e in ultimo termino le relazione tra Dio e l’uomo ferito e redento dal peccato. Credo che bisogna essere più sincero e chiaro.
Grazie come sempre caro Andrea perché con il tuo blog ci fai studiare e pensare.
Caro Juan, il mio ultimo post ricorda che semplici studenti universitari danno tutte le risposte alle domande dei cardinali. Se uno pone domande che hanno già una risposta, alla fine è inevitabile essere ironici. L’arte è lunga, ma la vita è breve. Le domande sono false. Non si può perdere altro tempo dietro a queste provocazioni.
Ti saluto di cuore e considero importante che ci diciamo con tranquillità i nostri punti di vista, spesso divergenti, ma che non rendono impossibile il dialogo.
[…] In un’aula universitaria si legge il testo di AL e si valutano accuratamente tutti i passaggi “canonici” del testo. Alcune informazioni ci giungono provvidenziali da un post che ieri il prof. Consorti ha pubblicato sul blog della Università di Pisa, con il titolo “Quattro cardinali dubbiosi” (http://people.unipi.it/pierluigi_consorti/quattro-cardinale-dubbiosi/). […]