Luce
IV DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA – A
1Sam 16,1.4.6-7.10-13 Sal 22 Ef 5,8-14 Gv 9,1-41
Introduzione
Chi è l’uomo che può incontrare Dio? E qual è il percorso di fede che quest’uomo può compiere? L’episodio della guarigione del cieco nato e il dialogo che ne consegue possono essere una risposta a questa domanda. Il brano del testo di Giovanni ci presenta un itinerario di incontro con il Signore, un itinerario di fede, proprio come lo è stato l’episodio della samaritana e come lo sarà quello della risurrezione di Lazzaro.
In questa domenica di Quaresima la prima lettura, continuando il percorso attraverso le tappe principali della storia della salvezza, propone un testo del Primo Libro di Samuele nel quale si narra la scelta e la consacrazione di Davide come Re (1Sam 16,1.4.6-7.10-13). Nel testo il gioco principale è costituito dal riferimento al cuore e agli occhi. Si afferma che Dio guarda il cuore. Gli occhi sono l’organo che vede l’esterno, notano le cose che solitamente contribuiscono a fornire un giudizio secondo la logica mondana, ciò che appare. Il cuore invece è il luogo della riflessione, dell’intelligenza, è il centro dell’uomo, il luogo nel quale egli prende le decisioni e dell’incontro con Dio nell’ascolto della sua Parola. Ora qui si afferma che Dio guarda il cuore. C’è un vedere di Dio che va al di là degli sguardi e dei criteri umani. Questo testo è un invito a non considerare il cammino quaresimale con lo sguardo del mondo, ma a fare attenzione al cuore e a ciò che lo abita.
Il tema della luce, dominante nel brano evangelico, è presente anche nella seconda lettura (Ef 5,8-14), che può creare un legame tra l’episodio evangelico e la vita dei credenti che vino il tempo quaresimale: «un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità». La Quaresima è proprio il tempo per essere risanati nel nostro sguardo e per essere luce nel Signore».
Commento
Giovanni con il racconto del cieco nato ci vuole mostrare il volto dell’uomo che è in grado di compiere un cammino di fede, di essere nella luce.
Nel racconto da una parte abbiamo gli uomini religiosi del tempo, dall’altra il cieco guarito. I farisei, che sono semplicemente i rappresentati degli uomini religiosi di ogni epoca, nel brano sono coloro che hanno molte certezze e pochissimi dubbi. Non cambiano idea davanti a nessun fatto, a nessuna evidenza. Per tre volte cercano di farsi raccontare dal cieco guarito ciò che è accaduto, ma poi nel dialogo non fanno nessun riferimento alle informazioni che vengono loro date. Per tre volte nel testo affermano che loro «sanno»: sanno che Gesù non viene da Dio perché ha guarito in giorno di sabato (Gv 9,16); sanno che Gesù è un peccatore (Gv 9,24); sanno che Dio ha parlato con Mosè (Gv 9,28). Hanno tante certezze che non vengono scalfite da nulla e si fanno giudici degli altri, di Gesù come del cieco guarito.
Il cieco è l’opposto degli uomini religiosi e osservanti dell’epoca: ha molti dubbi e una sola certezza. Egli per tre volte afferma di non sapere: egli non sa dov’è Gesù (Gv 9,12); non sa se Gesù è un peccatore (Gv 9,25); alla domanda di Gesù, se credesse nel Figlio dell’uomo, afferma «e chi è, Signore?» (Gv 9,36). Il cieco ha solo una certezza: prima era cieco ed ora ci vede (Gv 9,25). Sa solo questo: che l’incontro con quell’uomo gli ha cambiato la vita. È l’unica certezza del credente in Gesù: sapere che l’incontro con lui ci ha cambiato la vita e da ciechi ci ha reso vedenti; dalle tenebre siamo stati trasferiti nella luce.
Quest’uomo con molti dubbi e una sola certezza può fare un cammino di fede. È un percorso di cui i titoli riferiti a Gesù che troviamo nel testo tracciano le tappe principali. Innanzitutto, il cieco dice di aver incontrato «un uomo» (Gv 9,11). È il punto di partenza fondamentale per ogni cammino di fede cristiano: incontrare Gesù nella sua umanità. Infatti, è attraverso l’umanità di Gesù che si rivela a noi il volto del Dio che nessuno ha mai visto (Gv 1,18). La seconda tappa è rappresentata da riconoscere in Gesù «un profeta» (Gv 9,17). Dopo aver incontrato l’umanità di Gesù, quell’uomo che era cieco scopre che egli è un uomo di Dio, uno «preso da Dio», un servitore della sua Parola. La terza tappa consiste nel riconoscere che Gesù «viene da Dio» (Gv 9,33), cioè che ciò che egli compie è secondo la volontà di Dio, secondo la sua Parola. Seguendo Gesù gli uomini e le donne possono fare la volontà di Dio, realizzare nella loro esistenza il suo disegno di vita. Infine, l’ultima tappa del cammino di fede consiste nel credere nel «Figlio dell’uomo» (Gv 9,35). Cioè credere che Gesù appartiene al mondo di Dio. Infatti, il titolo «Figlio dell’uomo», all’epoca di Gesù, non indicava l’umanità ma la divinità, l’appartenenza l mondo divino. Nel libro di Daniele il Figlio dell’uomo è una figura divina e non umana e così in altri testi della tradizione giudaica dell’epoca.
Conclusione
Questo è il cammino di fede che può fare un uomo che ha molti dubbi e poche certezze, un cieco guarito. Chi crede di sapere tutto e di avere l’ultima interpretazione tra le mani, non può fare nessun cammino, né giungere a vedere Gesù, e, attraverso di lui a conoscere il Padre. Quando il cieco interroga Gesù su chi sia il Figlio dell’uomo, Gesù gli risponde: «lo hai visto» (Gv 9,37). La guarigione non è stata unicamente una guarigione fisica, ma i suoi occhi sono stati resi campaci di vedere il Figlio dell’uomo. È di un’altra cecità che qui si sta parlando. Chiediamo al Signore che questa Quaresima ci renda dei ciechi guariti, con molti dubbi e una sola certezza, per poter giungere anche noi a rinnovare il nostro cammino di fede e a vedere il Figlio dell’uomo.
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli