Meloni e i vescovi italiani: sono solo funzionari del Papa?
La destra, in modo differente dalla sinistra, ha un’anima clericale e una anticlericale. L’anima clericale si aspetta una autorità papale onnipervasiva, mentre l’anima anticlericale teme la invadenza papale della pura autorità statale. Il fascismo storico nasce anticlericale, poi si fa clericale per convenienza. Il presidente Meloni spesso si barcamena tra i due modelli: il suo immaginario da “soy cristiana” non si alimenta di forme credenti, ma di modelli gerarchici o fondamentalisti. Dio garantisce l’ autorità, anzitutto quella di chi comanda. La tendenza dominante è a squalificare pesantemente ogni “altra” autorità, persino quella della Chiesa o dei Vescovi, oltre che quella di uno scrittore come Scurati o di uno storico come Canfora o di un testimone come Saviano. Tutti degni di essere ridicolizzati o denunciati o querelati per il delitto di lesa maestà. Anche i vescovi italiani, se si azzardano a parlare di “pericolo per la unità della nazione”. Qui però il Presidente ha preso un granchio piuttosto grave, confondendo i Vescovi italiani con il Vaticano. Questo è un errore diffuso, molto frequente della opinione comune e utilizzato non di rado anche da diversi giornalisti. Appare grave che accade anche ad un Presidente del Consiglio che non vuole sfigurare in fatto di cultura, nonostante il suo Ministro per la Cultura.
C’è però un precedente famoso, che Meloni avrebbe dovuto conoscere. Eccolo.
a) Il caso Bismarck
Circa 150 anni fa, una interpretazione sorprendente del Concilio Vaticano I è venuta dal Cancelliere tedesco O. von Bismarck. Che lesse le deliberazioni di quel Concilio sulle “competenze papali” come una riduzione dei vescovi a funzionari periferici dell’unica autorità centrale. Bismarck obbediva davvero al Concilio? Le precisazioni successive – dei vescovi tedeschi e di papa Pio IX – mostrarono che quella interpretazione della infallibilità e della giurisdizione papale, che la intendeva come quella di un “sovrano assoluto”, erano del tutto fuorvianti. Il papa non aveva assorbito la giurisdizione episcopale dei singoli vescovi, che non erano affatto ridotti a “strumenti” delle mani del papa. In quanto Vescovo di Roma esercitava la funzione papale, senza sostituire ogni vescovo nella propria autorità locale. La lettura strumentale da parte di Bismarck segnalava, tuttavia, una possibile deriva: la riduzione al papa di tutta la autorità nella Chiesa. Cosa che, quasi un secolo dopo, il Vaticano II ha provveduto a rielaborare con grande cura. Anche se Meloni sembra essere rimasta, nella sua reazione, alla interpreazione erronea di Basmarck, che riduce la Chiesa ad una “Piramide centralizzata”.
b) I Vescovi italiani non sono funzionari del papa
I Vescovi italiani sono anzitutto cittadini italiani, che non possono essere pensati, giudicati e insolentiti come “funzionari di uno stato non democratico”, a cui è ridotto lo Stato Vaticano. La vera questione, che sfugge a Meloni, e che nelle sue parole pretenderebbe di “chiudere il discorso”, delegittimando i Vescovi dal poter parlare dell’assetto istituzionale italiano, considerandoli come funzionari di uno stato non democratico, mostra il limite grave di comprensione della tradizione cattolica da parte del Presidente. La vera intenzione è ben riconoscibile nell’intento di ridicolizzare l’oppositore. Purtroppo, anche in questo caso, la mancanza di cultura ecclesiale e di senso delle istituzioni ha impedito a Meloni di comprendere che i Vescovi, che hanno scritto il documento di critica del Premierato, sono cittadini italiani che si preoccupano dell’assetto istituzionale dello Stato del quale fanno parte. Senza alcuna pretesa di infallibilità, ma con la sollecitudine di responsabili di comunità ecclesiali. La loro “comunione con il Vescovo di Roma” non implica in nessun modo una “extraterritorialità politica”. Questa semplificazione, nella testa di Meloni, funziona perfettamente come uno “scontro tra sovrani assoluti”. Da una parte Lei e dall’altra il Papa. Anche Bismarck pensava così. Così forse pensano altri a destra e a sinistra. Ma così non è, in base alla tradizione della Chiesa cattolica e in base alla tradizione dello Stato Italiano. Ignorare la storia delle istituzione e la complessità dei soggetti è tipico di chi non riesce a sopportare il dialogo come metodo politico di governo. Che vi sia, nella Chiesa, una questione di democrazia, è un fatto assodato. Ma che il Presidente del Consiglio usi il travaglio ecclesiale come un modo per tappare la bocca ai Vescovi sulle questioni istituzionali dello Stato italiano mostra una lettura della realtà in cui della Chiesa si percepisce soltanto il profilo di bacino di consenso politico: buono per agitare rosari nei comizi e da ridicolizzare per salvare il proprio progetto autocratico.