Munera 2/2023 – Silvia Conti » Sulla fioritura dell’umano. Consonanze tra un Papa e una filosofa

Nel rivolgere un «appello solenne a un’azione concertata per lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale dell’umanità», l’enciclica Populorum Progressio si propone un obiettivo che stupisce per ambizione, urgenza e attualità. Pubblicata nel 1967, all’indomani del Concilio Vaticano II, l’enciclica di Paolo VI si rivela estremamente chiara nell’analisi del contesto globale dell’epoca, soffermandosi con lucidità sugli squilibri capitalistici tra nazioni, in particolare sulle accentuate disuguaglianze tra «popoli della fame» e «popoli dell’opulenza» in una incipiente fase di decolonizzazione. Non meno sconcertante è l’anticipazione profetica di un conflitto tra generazioni che, l’anno successivo, sarebbe esploso palesandosi in tutta la sua carica dirompente e trasgressiva. Tuttavia, a sollecitare maggiormente è l’ampiezza dei destinatari: indirizzata «ai nostri figli cattolici e ai fratelli cristiani», l’enciclica non esclude il dialogo con un numero più ampio di soggetti, rivolgendosi nell’appello finale agli «uomini di buona volontà».

La trasversalità di un richiamo che prescinde da distinzioni di classe, etnia, genere e credo religioso rivela questioni ancora oggi impellenti. La via di un’indifferenza sorda al grido «dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia» risulta doppiamente impraticabile, se rapportata alle odierne problematiche climatiche, pandemiche e belliche da sommare ai problemi irrisolti del secondo Novecento. L’auspicio dell’Enciclica, «cercate e troverete», non cessa dunque di interpellare l’oggi, sollecitando a esplorare zeteticamente percorsi sempre nuovi di fioritura personale e sociale per «ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera». Facendo leva sulla teologia immanente del “gesuita proibito” Teilhard de Chardin, secondo il quale «ogni cosa che l’uomo fa per crescere e far crescere gli altri è partecipazione alla creazione del soprannaturale», si promuove un messaggio incentrato sullo sviluppo umano integrale, ossia che l’umano abbia cura dell’umanità e che l’umanità abbia cura dell’umano.

Poniamo l’accento su premesse di apertura e di interdisciplinarità, poiché i pregiudizi che talvolta persistono interfacciandosi con un testo ecclesiale, redatto secondo le modalità stilistiche e formali dell’istituzione di afferenza, sembrano perdere di fondatezza: ben lungi dal presentarsi come un sermone moraleggiante rivolto a una congregazione autoreferenziale di fedeli, Populorum Progressio solleva problematiche e suggerisce sentieri di ricerca che riecheggiano in tanta parte della riflessione contemporanea, toccando in modo complementare una pluralità di ambiti e di saperi.

Evitando rigide e sclerotiche compartimentazioni, si potrà infatti osservare quanto gli interrogativi e i propositi dell’enciclica di papa Montini sembrino percorrere in modo analogo la riflessione morale di una pensatrice laica e anticonformista quale Iris Murdoch, romanziera di grido e filosofa a metà strada tra gli approcci analitico e continentale nel contesto oxoniense tardo novecentesco. Compiutamente attiva in quegli stessi anni Sessanta, Murdoch pone a tema nei suoi romanzi, e analizza con impareggiabile acume speculativo nei suoi scritti filosofici, alcune tra le problematiche più assillanti di Populorum Progressio, tra le quali la compagine mondiale post-bellica, le nuove sfide dettate dal progresso tecnico-scientifico e una crescente tendenza all’isolamento sociale.

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