Patrie


L’IA ci ricorda che di connessioni («legame di stretta relazione e interdipendenza tra fatti, idee e sim.», Treccani online) vive l’intelligenza («complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, adattarsi all’ambiente», Treccani online). “Sopire, troncare”, suggeriva invece il conte zio al padre provinciale in I promessi sposi. Nella faticosa transizione dalla economia industriale (beni materiali) a quella dei servizi (beni immateriali), le nuove tecnologie della informazione non vanno da sé. Davanti a un gigantesco pc anni 1980, un sociologo avvertiva “garbage in garbage out”, senza precisare se – o sottintendendo per – malizia umana. Un politologo esplorava il nuovo orizzonte della politica come impresa. Competere, ricordava un economista, viene da cum-petere, mirare alla stessa meta, senza precisare se esclusiva (calcio e olimpiadi, per dire) o al contrario inclusiva (orchestra, per dire). Profetico il refuso, mai smentito, della riedizione 1967 Penguin Book (The Medium is the Massage) di The Medium is the Message di Marshall McLuhan (1964). Oggi competere è prevalere con ogni mezzo nel mondo tecnologicamente sempre più interdipendente, manipolabile e manipolato in cui viviamo, per dir così, a nostra insaputa.

L’economia dei servizi fa perno sulla relazione interpersonale tra chi chiede un servizio (medico, legale, culturale…) e chi lo offre. Nell’economia tuttora standardizzata, i servizi sono rivoluzionari per «il carattere di irripetibilità, inconfondibilità, unicità, proprio del singolo, del soggetto personale» [Treccani online]. Il «concetto di utilità generata per un utente evidenzia come nella nozione stessa di servizio sia implicitamente presunto il concetto di qualità: non è logicamente ammissibile definire un servizio nei termini di soddisfazione di un individuo senza avere contestualmente assunto che la sua fornitura debba esprimersi in un adeguato livello di prestazione» [Armando Calabrese e Nathan Levialdi Ghiron, Qualità dei servizi, Treccani online]. “Bisogna conoscere bene John e il latino per insegnarglielo”, ho letto da qualche parte anni fa.

Di transizione in transizione, il regista teatrale Milo Rau ricorda la risposta di Chu En Lai a Henry Kissinger (1971) sul successo della rivoluzione francese: «È troppo presto per dirlo» [«Les valeurs de liberté, d’égalité et de fraternité sont en train de se volatiliser en Europe», Le Monde, 09/10/23, online]. In effetti, nel World Wide Web sopravvive L’uomo senza ombra  [di Adelbert Von Chomisso, 1813], che cede al diavolo la propria ombra per una borsa di monete d’oro. La perdita di fisicità lo esilia dal consesso degli esseri umani e lo costringe a viaggiare con gli stivali delle sette leghe, oggi www. Fuori dal consesso umano in carne e ossa con tutte le sue ombre, non esiste alcuna economia dei servizi. Ma dal 1948 Ludwig Dehio ci ammonisce: «guardiamoci anche soprattutto dal prolungare semplicemente nel futuro quelle linee che nel momento risaltano, e dal dimenticare che nello sfrenato inseguirsi dei fatti le nubi appena addensate possono anche venire nuovamente dissipate per effetto di sviluppi inattesi. Sarebbe, infatti, temerario predire per quali vie dirette e indirette la tendenza all’unificazione del globo, che ogni giorno si fa più piccolo, potrebbe raggiungere la sua meta: soltanto è certo che non vi rinuncerà, dovesse pure avvenire questa cosa miracolosa: che l’umanità dappertutto nello stesso tempo sperimentasse un cambiamento del modo di pensare e abbandonasse il cammino della civilizzazione e della lotta per il potere, nel quale essa, sferzata dallo scatenato demone della volontà di vivere, avanza furiosamente nonostante l’orrore da cui nel fare ciò è agitata» [EQUILIBRIO O EGEMONIA. Considerazioni sopra un problema fondamentale della storia politica moderna, Scherpe 1948, tr.it. il Mulino 1988, p. 242].

Sulla stessa traccia, oggi Timothy Garton Ash, docente a Oxford e Stanford, cita Søren Kierkegaard: «È vero ciò che dice la filosofia, cioè che la vita non può essere che compresa a ritroso, laddove invece occorre viverla in avanti». È l’epigrafe della sua storia anche personale d’Europa che, dopo due autodistruttive guerre mondiali, ha intrapreso un percorso di pace e sviluppo delle sue patrie.

Patrie [tr.it. Garzanti 2023, tit. or. Homelands. A Personal History of Europe] narra l’Europa dalla distruzione (1945) all’incertezza (2008-2022), attraverso divisione (1961-1979), rivolta (1980-1989) e trionfo (1990-2007), nella constatazione che «un mito condiviso da un numero sufficiente di persone è anche una realtà. Una realtà fatta della stessa sostanza delle nazioni» [p. 254]. E di Trump.

«Michael Barkun, scienziato politico all’Università di Syracuse, ha descritto i pilastri del cospirazionismo: nulla accade per caso, nulla è come sembra e tutto è collegato. Unisci i puntini e emerge uno schema nascosto e malevolo. Pensiero legato a sentimenti di ansia e impotenza. Perciò le teorie del complotto sono perversamente rassicuranti: gli eventi casuali diventano ordinati. I tipi istruiti e l’establishment sono imbroglioni. Può essere opera del male» [«Part of Donald Trump’s base thinks he is fighting a spiritual war», The Economist, 21-27/10/2023, online].

«Con le elezioni del 5 novembre scorso si è affermato un leader (Trump) e un partito (Make America Great Again) impegnati a introdurre una vera e propria rivoluzione sia all’interno che all’esterno della America. Sulla base della combinazione imprevedibile di fondamentalismo religioso e libertarismo tecnologico, il nuovo populismo trumpiano mira a deregolare l’economia (come vuole il secondo) e contemporaneamente a regolare i comportamenti individuali dei cittadini (come vuole il primo)» [Sergio Fabbrini, «Trump e MAGA, una rivoluzione non solo negli USA, Il Sole 24 Ore, 10/11/24, p. 14»]. Signori tra i sudditi, niente di nuovo sotto il sole.

«Una serie di promesse millenaristiche e sconfinate, fatte con convinzione assoluta e profetica a una schiera di uomini sradicati e disperati, in una società le cui strutture tradizionali sono in via di disintegrazione: ecco, a quanto sembra, l’origine di quel fanatismo sotterraneo che costituì una minaccia permanente per la società medievale. Non è fuori posto pensare che quella è pure l’origine dei giganteschi movimenti fanatici che, nella nostra epoca, hanno scosso il mondo», scrisse nel 1957 Norman Cohn, università del Sussex  [I fanatici dell’Apocalisse, tr.it. Comunità 1976, p. 388].

Ma nel 1962 lo storico dell’economia Carlo M. Cipolla scoprì che «una delle principali conseguenze della Rivoluzione Industriale è stata la riduzione dei costi e l’aumento della velocità dei trasporti. Le distanze si sono ridotte ad un ritmo stupefacente». «Nel passato l’uomo ha dovuto abbandonare il punto di vista cittadino o regionale per acquisirne uno nazionale. Oggi dobbiamo uniformare noi stessi e la nostra maniera di pensare ad un punto di vista globale» [1962, tr.it. Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli 1990, 7a edizione, p. 5]. È il nostro problema, che il neoliberismo riduce al recinto informatizzato del mercato globale.

Ma la transizione all’economia dei servizi, come già quella industriale, si compie nella democrazia liberale – cittadini, non sudditi – con le sue istituzioni economiche: l’economia politica che «studia l’attività umana nella sfera dei rapporti economici» [Treccani online], per realizzare una coerente politica economica, «insieme di regole e di azioni grazie alle quali il governo di un Paese fa in modo che i suoi obiettivi in campo economico e sociale siano conseguiti» [Dizionario Treccani di Economia e Finanza, online]. Altrimenti, sulla scia di re Mida, si muore di fame accumulando oro.

Nel nostro caso è una scelta di governo. «La crescita del ruolo della finanza è strettamente collegata al processo di innovazione finanziaria avvenuto a partire dagli anni 1980. Tale processo, sospinto dalla deregolamentazione e tradottosi nella creazione e nella diffusione in un mondo sempre più globalizzato di strumenti finanziari oltremodo strutturati e complessi, se in un primo momento può avere favorito lo sviluppo dell’economia, ha poi incoraggiato anche comportamenti incauti, gestioni prive di sani criteri prudenziali e speculazioni spregiudicate; ciò a danno della stabilità dell’intero settore finanziario e, per effetto contagio, di tutto il sistema economico» [Treccani online]. Fu una scelta del Congresso USA, repubblicano, con la legge bancaria del 1999 di abrogazione del Glass-Steagall Act del 1933 che, dopo la Grande Crisi del 1929, separò l’attività bancaria tradizionale da quella d’investimento proprio per proteggere i il valore dei soldi dei cittadini.

Poi, a seguito degli attentati alle Torri Gemelle del 2001, nella guerra al terrorismo il presidente George Bush Jr limitò i diritti civili e, con la dottrina neo-conservatrice di globalizazione del modello americano, aumentò spesa militare e deficit pubblico, le leve della politica economica di offerta e di deregolamentazione. Una riduzione fiscale di 1,3 miliardi di dollari trasformò in deficit il surplus di bilancio accumulato negli anni di Clinton.

Matrice della crisi di liquidità che nel 2006 annunciò il ritorno della Grande Recessione nel 2008, è il complesso militare-industriale da cui il Presidente Eisenhower aveva messo in guardia nel discorso di congedo del 17 gennaio 1961. «Nei consigli di governo, dobbiamo guardarci dall’acquisizione di un’influenza ingiustificata, cercata o meno, dal complesso militare-industriale. Il potenziale per il disastroso aumento del potere fuori luogo esiste e persisterà. Non dobbiamo mai lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o i processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato. Solo una cittadinanza attenta e ben informata può obbligare a unire adeguatamente l’enorme apparato di difesa industriale e militare con i nostri metodi e obiettivi pacifici, in modo che la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme … Il disarmo, con reciproco onore e fiducia, è un imperativo costante» [Biographical Note from the White House Web-Site].

Infatti «la prosperità condivisa è emersa perché, e solo quando, la direzione dei progressi tecnologici e l’approccio della società alla divisione dei guadagni sono stati allontanati da accordi che servivano principalmente una ristretta élite. Siamo beneficiari di progresso soprattutto perché i predecessori hanno fatto sì che il progresso funzionasse per più persone». Così scrivono in Power And Progress [Basic Books 2023, p. 7] Daren Acemoglu e Simon Johnson, premi Nobel 2024 dell’economia per avere «dimostrato l’importanza delle istituzioni sociali per la prosperità di un Paese».

Nell’economia dei servizi ogni essere umano è unico. Per i tycoon (ty «grande» chun «dominatore») il valore di 1 dipende dal numero di zeri al seguito (clienti, followers, sudditi…).  Zero to One è infatti il libro firmato dal cofondatore di PayPal e Palantir, Peter Thiel, con lo scrittore di sostegno Blake Masters. È l’incapacità – il rifiuto presuppone consapevolezza – di capire la transizione alla economia dei servizi, che come quella industriale è veicolata anche dal mercato, ma nella reciprocità di diritti-doveri è intrinseca alla democrazia, allo sviluppo delle ricerche e professionalità necessarie per il ben-essere personale e sociale oltre che per la produzione (istruzione, ricerca, salute…), affidando sempre più agli automatismi/robot la produzione anche non seriale di beni materiali.

Come sempre, stiamo imparando a nostre spese, sostenibili solo nella consapevolezza condivisa che solo la democrazia promuove. All’alba del nuovo millennio la pandemia Covid e la crisi ambientale, entrambe globali, impongono scelte anch’esse globali di cooperazione, che il mercato di per sé non consente e neppure tollera, come la cronaca conferma. Concomitanti con la transizione all’economia dei servizi, sono le scelte che producono benessere personale solo se condiviso, a cominciare dal loro fondamento, ricerca scientifica e educazione. ‘Piccolo’ miracolo, ma è ‘solo’ l’attuale transizione economica, più avanzata in Europa-UE. Negli inevitabili rischi d’una transizione storica, è importante la riflessione di Virgilio Melchiorre, filosofo all’Università Cattolica di Milano e curatore di  Filosofie nel mondo [Bompiani 2014, p. 11]: «Una vicenda densa di ambizioni e contraddizioni, che per un verso vale a icona della buona meta, ma per un altro verso, con i suoi martiri e i suoi fallimenti, resta come un serio avvertimento a non abbreviare i circuiti faticosi della storia».

I circuiti faticosi della storia d’Europa, oggi UE a conferma che l’Europa è madre delle rivoluzioni, inclusa quella francese, non la prima né l’ultima europea e globale.

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