Per un Sinodo senza bonaccia: su “Imparare dal vento” di Sergio Ventura


Con una ricostruzione accurata e partecipe, Sergio Ventura ha costruito un libro (Imparare dal vento. Sulle tracce della sinodalità di papa Francesco, Bologna, EDB, 2024, pp.187) da cui emerge la trama di un processo, osservato sia dal punto di vista della Chiesa universale, sia dal punto di vista della Chiesa italiana. Le due parti, di cui si compone il testo, si occupano precisamente di questi due scopi: il primo è quello di capire che cosa sia il Sinodo secondo papa Francesco, all’interno dei suoi discorsi e dei suoi atti, delle sue espressioni e delle sue intenzioni; il secondo consiste nel tentare un bilancio della “recezione italiana” di questa insistenza (accolta o patita) sullo “stile sinodale”. Il libro è costruito quasi come un “giornale di bordo”, procede più per cronologia che per temi e ricostruisce, passo dopo passo, il percorso che ha condotto la Chiesa cattolica alle due Assemblee del Sinodo dei Vescovi (una alle nostre spalle e una dav anti a noi). Nel processo, che inizia sostanzialmente nel 2021, pur se anticipato già da alcuni anni, Francesco sembra aver investito buona parte del proprio pontificato. Per questo può essere interessante seguire questo “diario” per trovare i passaggi più convincenti, come anche le cose ancora poco chiare, le resistenze e le indifferenze.

Un esame accurato dei passi compiuti, in questi passaggi complessi, che corrispondono spesso a discorsi, ad articoli, o a documenti (del Papa o di Vescovi o di organismi episcopali o di teologi) presenta, indirettamente, uno spaccato di vita ecclesiale in cui la prospettiva della Chiesa italiana diventa decisiva. La coesistenza, anche nel dibattito intorno al sinodo, di “linee divergenti” nel modo di interpretare la “presenza cattolica” all’interno della società italiana, permettono di leggere la vicenda contemporanea alla luce delle tensioni che nel cosiddetto “postconcilio” hanno già interessanto la chiesa e la società italiana.

Da questo punto di vista “sinodo” non è altro che la riproposizione di una reale recezione del Concilio Vaticano II, con la esigenza di “riforma” che esso conteneva allora e continua a promuovere anche oggi. Proprio su questo punto, delicatissimo, il libro si rivela prezioso nell’indagare, con acutezza e precisione, tutti i passaggi che permettono al vento di “soffiare” e quelli che invece tendono a “soffocarlo”.  Il vento “spira”, ma qualcuno “cospira”.

Forse qui possiamo leggere, in trasparenza, la grande tensione tra il modello ecclesiale tridentino e ottocentesco, identificato con la competenza istituzionale, e il nuovo modello che il Vaticano II prima, e poi la riscoperta “sinodale” hanno riproposto al centro della attenzione. La domanda che sta sotto molte delle pagine di Sergio Ventura è quella che emerge dal titolo di uno dei capitoli della seconda parte: “radicarsi nel magistero e mettere in moto la tradizione” (p.117) ? In questa formulazione icastica ed efficace, si possono rispecchiare le due posizioni fondamentali, che reagiscono anche istintivamente alla parola “sinodalità”. Da un lato chi pensa che il magistero abbia già tutte le risposte ai problemi che la storia propone e il sinodo sarebbe il mod per farle “passare”. Dall’altro chi pensa che solo mettendo in moto la tradizione (ossia la interpretazione della Scrittura e una migliore elaborazione dei concetti magisteriali)  sarà possibile rispondere alle domande nuove. In fondo, in gioco vi è la comprensione della “tradizione cattolica”, nel suo significato più ricco e meno rigido, alimentata dal Vangelo che incontro, in modo sempre nuovo, l’esperienza umana.

La figura di magistero e di tradizione (direi di identificazione della tradizione con il magistero), elaborata nel XIX secolo, gode ancora di un grande credito e perciò è capace di bloccare ogni dinamica conciliare e sinodale. Il “sospetto” verso la cultura, che il cattolicesimo ha elaborato a cavallo tra XIX e XX secolo, è ancora forte e condiziona pesantemente il confronto ecclesiale. Se si leggono bene le pagine di questo libro, si capisce che se la Chiesa sarà capace di confessarsi non solo “docente”, ma anche “discente”, il percorso sinodale potrà mettere a tema i veri snodi della missione e della evangelizzazione. Potrà riconoscrsi la autorità di farlo. Se invece cederà al timore, se continuerà a sospettare della cultura comune, allora potrà schivare la questione, confessando di “non avere la autorità per decidere”. E’ evidente che il modo di intendere la autorità, la sua essenza e il suo esercizio, non potrà essere un punto presupposto, ma dovrà diventare oggetto di accurato discernimento, con tutte le inevitabili conseguenze sul modo di intendere la forma della chiesa, la corresponsabilità dei battezzati, e il riconoscimento della autorevolezza di uomini e donne. Se lo Spirito, come il vento, soffia dove vuole, disporsi ad imparare dal vento significa uscire da posture rigide, unilaterali e prevedibili. La chiesa, per riflettere la luce del Signore, come fa la luna, non deve stare ferma. Nel cammino che conduce alla Assemblea del Sinodo dei Vescovi del prossimo ottobre 2024, le pagine di questo libro aiuteranno ad evitare la bonaccia, disponendo i lettori anche alla ipotesi di navigare “contro vento”. Ma forse proprio la andatura “di bolina” costituisce la speranza più realistica per ogni delicato passaggio ecclesiale.

Share