Quarantina e quarantena
Vivere il tempo del virus con occhi quaresimali
Indubbiamente ciò che è male rimane male e ciò che è emergenza rimane emergenza. Ma anche un fatto in sé doloroso e molto negativo assume un valore differente per la nostra vita dal modo in cui noi lo viviamo, scegliamo di viverlo e, come credenti, cerchiamo di comprendere come attraversarlo alla luce della Parola di Dio. Allora anche il tempo del Covid-19 può diventare un’occasione per riscoprire alcuni aspetti della nostra fede, mentre la Quaresima che stiamo vivendo può insegnarci ad attraversare il difficile deserto del Coronavirus. La quarantina ha qualche cosa da dire alla quarantena.
La ricetta quaresimale
Questo travaglio mondiale e nazionale cade proprio nel tempo di Quaresima. La Chiesa nella sua storia bimillenaria per questo tempo liturgico ha sempre indicato dei “rimedi”, delle “medicine” per attraversare il deserto quaresimale e giungere, rinnovati e “guariti” dalle nostre ferite, a celebrare la vittoria pasquale: l’ascolto della Parola e la preghiera, il digiuno, la carità. Tre opere che si possono fare rimanendo in casa. D’altra parte, anche Gesù invita a compierle «nel segreto», chiusa la porta della propria camera (cf. Mt 6,1-18). Un singolare e non causale parallelo tra «rimanete a casa» e «nel segreto», «nella vostra camera», che oggi risuona con rinnovata forza. Non potrebbero essere anche queste “medicine” quaresimali ad indicarci come vivere questo tempo così difficile anche per la fede? Invece di protestare per la ragionevole e doverosa sospensione delle celebrazioni pubbliche, per il bene nostro e degli altri, non si potrebbe “rispolverare” alcune pratiche che, pur non sostituendo la celebrazione comunitaria, ci vengono proposte dalla sapiente tradizione cristiana? Forse allora anche la quarantena potrebbe dire qualche cosa alla nostra quarantina e “costringerci”, come spesso accade quando si è necessariamente ridotti all’essenziale, a riscopre alcuni elementi fondamentali della fede.
L’ascolto e la preghiera
Innanzitutto, l’ascolto e la preghiera. Perché insistere così tanto unicamente sulla Messa trasmessa per televisione? Può certo essere una cosa buona per persone sole o anziane; può essere utile per ascoltare le letture e l’omelia. Ma è una esperienza di comunità vera? Educa di più alla Celebrazione eucaristica vedere un presbitero celebrare da solo, oppure celebrare la Parola, in attesa di poter vivere pienamente l’Eucaristia? Non ci sono anche altri modi per ascoltare la Parola di Dio e per pregare, per vivere la comunione? Non potrebbe essere questo tempo forzato un’occasione per riscoprire che, secondo il dettato del Vaticano II, la Bibbia deve diventare il nutrimento di tutti ed essere in mano a tutti? Le famiglie potrebbero trovarsi insieme quotidianamente, prendere le letture del giorno, leggerle, stare un po’ in silenzio e concludere con un momento di intercessione e di preghiera. Si potrebbe dare alla Liturgia delle Ore il suo ruolo di celebrazione del mistero di Cristo nel ritmo del tempo della giornata, per santificarlo. Cioè per rendere visibile la presenza («il peso») di Dio nella vita quotidiana. La Quaresima allora direbbe alla quarantena che è necessario ricordarsi di Dio e che un credente non può vivere questi momenti nella disperazione e ripiegandosi unicamente su sè stesso. La quarantena dice alla quarantina che l’uomo «non vive solo di pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Dt 8,3).
La quarantena del Covid-19 ricorda invece al credente nel tempo di Quaresima di riscoprire che “preghiera” non è solo Messa, ma che proprio perché la celebrazione eucaristica sia feconda, occorre un ascolto personale delle Scritture e una preghiera non solo comunitaria. Può essere anche il tempo della riscoperta della preghiera in famiglia.
Il digiuno
Il secondo elemento che la tradizione ecclesiale suggerisce per attraversare il tempo di Quaresima è il digiuno. Certo non quel digiuno un po’ “ipocrita” che consiste nel rinunciare a qualche piccolo “lusso” o mangiare pesce costosi il venerdì al posto della carne. Si tratta del digiuno vero, quello spazio vuoto che indica una apertura a Dio e agli altri. In questo caso la Quaresima potrebbe dire alla quarantena che questo tempo di “digiuno”, non scelto ma forzato, da tante cose che consideriamo fondamentali nella nostra vita può diventare un tempo per fare spazio alle cose veramente essenziali. Innanzitutto, per un credente, uno spazio per Dio. La necessità di abbandonare tante cose superflue ci fa toccare, forse anche con sofferenza, la fragilità della nostra esistenza e ci guida a riscoprire la possibilità di vivere in un modo differente per fare spazio a Dio.
Nello stesso tempo la quarantena può dire alla nostra Quaresima che ci può essere anche un “digiuno eucaristico” che può alimentare l’attesa e la fame di partecipare alla celebrazione eucaristica nell’assemblea liturgica radunata intorno all’altare del Signore. Non potrebbe essere questo “digiuno eucaristico” di oggi, non sconosciuto alla tradizione cristiana, un’occasione per vivere in un modo differente la Celebrazione eucaristica domani?
La carità
Infine, l’ultima medicina quaresimale è la carità. La Chiesa ai catecumeni e ai penitenti suggeriva la carità fraterna come medicina dell’anima per guarire e trasformare il cuore. La Quaresima potrebbe insegnare alla quarantena per il Covid-19 che ciò che ci viene chiesto in questi giorni – rimanere in casa, rinunciare a quello che, anche di buono e di bello, potremmo fare – è un atto di carità verso noi stessi e verso il prossimo. Soprattutto verso i più deboli e i più esposti. La Quaresima dice alla quarantena che la responsabilità in questo momento non è solo un fatto di legalità e di civiltà, ma anche di fede. Un cristiano vive tutto questo come esercizio della carità, seguendo le orme di Gesù che non è venuto per essere servito, ma per servire; non è venuto per i sani ma per i malati; non ha vissuto per sé stesso, ma per gli altri.
D’altra parte, la quarantena può dire alla Quaresima di riscoprire una carità concreta che si fa carne nelle scelte concrete di ogni giorno. Se oggi questa carità ha il volto ben preciso dello “stare a casa”, un domani questa medesima carità vorrà dire vivere le scelte della nostra vita non solo dalla prospettiva del “buon cittadino”, ma anche da quella del “buon cristiano”, che non estromette la fede da alcun ambito della propria vita.
Il vaccino quaresimale
Ecco il vaccino che la fede ci dona e che non ha bisogno di nessuna sperimentazione. È già stato sperimentato per secoli: l’ascolto-preghiera, il digiuno, la carità. Se come credenti vivremo con fede questo tempo di “prova”, potremo scoprire domani che la quarantena ci ha insegnato qualche cosa, che magari avevamo perduto, sulla quarantina, mentre la Quaresima ci sosterrà nel cammino in questo deserto della quarantena. Se sapremo ascoltare sia la quarantina, sia la quarantena, potremo giungere, rinnovati, a celebrare la Pasqua del Signore. E sarà veramente una Pasqua di Risurrezione! Allora anche le nostre assemblee vivranno la festa del sentirsi nuovamente convocate, magari avendo prima dovuto attraversare il tempo in cui sperimentare un ascolto diverso, un digiuno non scelto ma accolto, una carità autentica.
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli