Sesso, dono e libertà: il dibattito continua, grazie a Cosimo Scordato


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Un breve ma intenso intervento di Cosimo Scordato, professore emerito di teologia sacramentaria a Palermo, offre ulteriori elementi di valutazione della “questione genere”, con argomentazioni di grande interesse. Il dibattito era iniziato da un articolo di Giuseppe Lorizio, al quale si era aggiunto ieri il mio post: entrambi si possono trovare qui

“Ogni persona è un genere a sé”

di Cosimo Scordato

Riprendendo il tema dell’articolo dei cari Giuseppe Lorizio e Andrea Grillo mi permetto di offrire una ulteriore considerazione.
Parlare della vita come dono, includendo in essa tutte le componenti della persona, è importante per riconoscere la bellezza di quella gratuità, con la quale Dio ci precede e che dovrebbe ispirare, di conseguenza, le scelte dell’uomo “a sua immagine e somiglianza”. Ma il dono non può essere inteso soltanto come un dato già realizzato perché, nel caso dell’uomo, Dio dona l’uomo a se stesso e quindi coinvolge l’uomo nell’accoglienza nel dono e nella sua interpretazione. La libertà donata all’uomo è parte integrante e costitutiva del dono stesso; pertanto si accoglie il dono realizzandolo in libertà e includendo tutti i tentativi che ne portano alla luce potenzialità ed eventuali ambiguità. Nel caso specifico della sessualità, la persona va prendendo coscienza di ciò che è solo man mano che cresce, man mano che si sviluppa e detta presa di coscienza è esercizio del dono ricevuto. Ebbene, la ricerca della propria identità sessuata può approdare al riconoscimento della coincidenza tra il cosiddetto sesso fisico (maschile, femminile o altro) e il corrispondente genere (maschile, femminile o altro); oppure, potrebbe accadere che l’orientamento sessuale, che va prendendo forma, non fa sperimentare questa coincidenza. Nell’un caso e nell’altro bisogna dare precedenza a due importanti considerazioni.
La prima è che la connotazione sessuata è qualità della persona la quale, appunto, va riconosciuta così come va venendo alla luce della propria identità, connotata come unica e irripetibile. È dono di Dio quella persona così come è e va accolta come una novità di Dio. Essa va accompagnata con grande rispetto nel suo percorso di auto-identificazione, spesso vissuto con tanta drammaticità e incertezza; certamente non è agevole quando nella propria crescita emerge la non coincidenza tra ciò che all’inizio sembra ovvio (il sesso biologico) e ciò che va maturando attraverso il difficile processo di autenticazione; né sarà facile trovare una collocazione all’interno di una società, che si è costruita sulla netta e intoccabile distinzione tra maschile e femminile.
Ma la persona non è un’astrazione; essa è la singolarità di ogni essere umano, che viene a consapevolezza di se stesso e di come è concretamente costituito. La comunità deve accompagnare questo percorso di ‘personalizzazione’ con grande cura.
La seconda osservazione è che, dato che la condizione sessuata, quale che sia, è dimensione personale allora la realizzazione della vita affettiva va coltivata in direzione inter-personale puntando a una esperienza autentica di amore. A questo punto è l’amore che dà il sigillo di umanità a ogni relazione, che troverà espressione e concretizzazione anche nella sfera sessuale. A questo punto il dato/dono diventa dono da offrire in direzione dell’ auto-donarsi delle persone, che è il più alto qualificativo della vita.
Da quanto accennato ci sembra conducente potere affermare che la ricerca dell’identità personale non può non portare al riconoscimento che ogni persona è un genere a sé, la cui unicità (anche sul piano sessuato) non deve fare vergognare perché quella persona è creata da Dio e al mondo c’è n’è una sola! Evidentemente detta considerazione riguarda tutte le persone quanto più avranno vissuto l’approdo, faticoso ed esaltante, alla loro identità sessuata come spazio inalienabile, e l’unico possibile, per incontrare il mondo, la storia ed entrare nella circolarità dell’amore che, appunto perché proviene da Dio, è molto più varia e imprevedibile delle standardizzazioni consuete. A questo punto è compito della riflessione teologica aprire orizzonti nuovi dilatando la via Amoris, quella che Dio percorre verso di noi… anche attraverso di noi, così come siamo e così come andiamo diventando.

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