Sete


III domenica di Quaresima – A

Es 17,3-7; Sal 94,1-2.6.8-9; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42

Introduzione

Nella terza domenica si passa ad un nuovo momento della storia della salvezza. Si tratta del momento fondante dell’esodo. Il momento della nascita di Israele come popolo. Vediamo così la progressione dall’umanità intera, alla scelta di un uomo, alla nascita di un popolo dalla sua discendenza. Nell’episodio narrato nella lettura di questa domenica il cammino nel deserto è ormai avanzato. Il popolo è lontano dall’Egitto e lontano dalla Terra. Qui la tentazione è quella di mettere in discussione la liberazione avvenuta ma non ancora compiuta. Il popolo sente il peso della libertà e l’attrazione di una situazione “rassicurante” di schiavitù. Ciò che viene messo in discussione è la presenza di Dio che accompagna il popolo nel suo cammino.

Nella seconda lettura tratta dalla Lettera ai Romani, l’Apostolo esorta a non venir meno nella speranza perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito» (Rm 5,5). La certezza dell’amore di Dio è fondata sul mistero Pasquale nel quale l’amore di Dio si è rivelato gratuitamente senza nessun merito da parte nostra.

Nel brano evangelico il tema di fondo del nostro brano è l’identità di Gesù e la fede in lui. La scoperta di Gesù e della sua identità avviene in modo progressivo. È chiamato prima giudeo, poi profeta, Messia e infine “salvatore del mondo”.

Commento

Potremmo considerare come parola chiave di questo brano il termine “sete”: sete di Gesù, sete della donna, sete dei suoi concittadini. C’è una sete in noi che ci può aprire all’incontro con Gesù, ma c’è una sete in Lui, che è “fame” di compiere la volontà del Padre, che lo spinge a cercarci proprio là dove la nostra sete si manifesta: presso il pozzo dove andiamo ogni giorno in cerca di acqua per spegnere la nostra sete.

Gesù è in viaggio e giunge in una città della Samaria. Accaldato e stanco per il viaggio chiede ad una donna del posto, che sta recandosi al pozzo ad attingere, un po’ d’acqua. E’ una scena molto nota nell’Antico Testamento e nella letteratura orientale. Il brano assume un tono sponsale: al pozzo si incontra il servo di Abramo con la futura moglie di Isacco, al pozzo Mosè incontra la sua futura sposa, la figlia di Ietro il sacerdote di Madian. Il tema sponsale è fondamentale proprio nella direzione dell’incontro di Gesù con l’umanità. Egli si presenta come lo sposo (cfr. nozze di Cana e adultera del c. 8). Non dimentichiamo che la donna è detta “senza marito” (4,17). Quindi in Gesù ci si rivela un volto ben noto del Dio dell’Antico Testamento: egli è lo sposo.

Gesù a questa donna chiede da bere, ma poi le propone dell’acqua viva, bevendo la quale non si ha più sete. Si rivela qui un tratto molto significativo dell’immagine di Gesù. E’ lui che chiede a chi ha bisogno: «si fa bisognoso come gli altri uomini per avere la possibilità di incontrarli nei loro stessi bisogni e dare loro l’acqua che disseta» (B. Maggioni). In questo tratto del racconto si rivela la condiscendenza di Dio che giunge a farsi “mendicante” per entrare in comunicazione con l’uomo e potergli così dare ciò di cui ha veramente bisogno. Con la sua domanda Gesù risveglia la “sete” più profonda della donna Samaritana.

Il pozzo e l’acqua hanno altri significati nelle Scritture. È un elemento che richiama ancora una volta il cammino nel deserto del popolo. Infatti il dono che Dio fa al suo popolo nel deserto è proprio l’acqua, il pozzo (Nm 21,16-18).

Alla richiesta di Gesù di andare a chiamare il marito e alla rivelazione della sua storia personale la donna riconosce in lui “un profeta”. È un primo passo verso la conoscenza della identità di Gesù. La donna comincia a riconoscere Gesù quando si sente conosciuta “nel profondo” da lui.

Il dialogo termina con un passo ulteriore nella scoperta della identità di Gesù. La donna afferma la sua speranza nella venuta del Messia e Gesù attribuisce a sé tale identità («Sono io, che ti parlo»). In quel momento, mentre i discepoli tornano da Gesù, la donna se ne va, lasciano presso il pozzo la sua brocca – lascia lì ciò per cui era venuta – e corre a comunicare ai suoi concittadini la sua esperienza: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?» (v. 29). Interessante che la donna parli di Gesù come colui “che le ha detto tutto ciò che ha fatto”, come se il frutto dell’incontro con lui fosse innanzitutto quello di una migliore conoscenza di sé e della propria vita.

Fin qui abbiamo seguito il percorso della donna Samaritana. In fondo è un cammino di fede descritto attraverso un incontro con Gesù. La conversione, l’adesione al vangelo è descritta innanzitutto come incontro. Questo ci dice che il Vangelo, la fede in Gesù, non è principalmente una questione di “dottrina”, ma una questione di “esperienza personale”.

Se nel dialogo con la Samaritana al centro c’è l’immagine dell’acqua e del bere, qui si parla di pane e di mangiare. Anche qui c’è una incomprensione tra le parole di Gesù e ciò che capiscono i discepoli. Gesù parla di una realtà “altra” rispetto alla realtà materiale di cui parlano i discepoli. Occorre leggere le parole di Gesù e anche la successiva immagine della mietitura messianica in relazione all’incontro di Gesù con la Samaritana. Gesù afferma mio cibo è fare la volontà del Padre e così dice che il cammino di fede della donna di Samaria – immagine dei samaritani – rientra nel piano del Padre: è questo ciò di cui egli ha sete; con l’immagine della mietitura messianica – «Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete» (vv. 35-36) – afferma che l’adesione alla fede dei samaritani rappresenta un segno significativo nella storia della salvezza e nella venuta dei tempi del Messia.

Conclusione

Che la donna sia una “immagine” dei samaritani lo si comprende dalla conclusione. I concittadini della donna vanno da Gesù, dopo aver ascoltato le sue parole. Il testo, in conclusione, afferma che chiesero a Gesù di fermarsi tra loro e che molti credettero in lui per la sua parola (v. 41). Qui compare il tema dell’ascolto della Parola di Gesù che conduce alla fede. Interessante ciò che i suoi concittadini dicono alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (v. 42). Si passa dalla testimonianza di chi ha vissuto l’incontro, all’incontro personale. E questa è la meta del cammino di fede. È importante la testimonianza di chi ha vissuto l’incontro e che viene a noi per annunciarcelo. Ma la meta del cammino di fede non è fermarsi lì, bensì giungere a dire: «noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (v. 42). Qui troviamo anche l’ultimo titolo che viene dato a Gesù e che si trova sulla bocca dei samaritani. Egli è detto “salvatore del mondo”.

 Matteo Ferrari, OSB Cam

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