Sette voci per un libro (Andrea Grillo/2) A proposito di “Senza impedimenti”


E’ appena uscito il volume: Andrea Grillo (ed.), Senza impedimenti. Le donne e il ministero ordinato, InOLTRE 1, Queriniana 2024, pp. 191, € 16,00. Saggi di Emanuela Buccioni, Cristina Simonelli, Luigi Mariano Guzzo, Serena Noceti, Luca Castiglioni, Andrea Grillo. Prefazione di Marinella Perroni.

Coloro che hanno concorso alla stesura del libro presentano in una sequenza di sette interventi un breve testo, nel quale cercano di provocare nel lettore stupore, desiderio di lettura e curiosità alla scoperta di una tradizione dinamica e ricca sul ministero ecclesiale. Brevi testi, puntuali provocazioni, che aiutino ad entrare nella logica di un testo corale, mediante il quale si esprime la maturazione del corpo ecclesiale di fronte a nuove possibilità e a nuove sfide. (ag)

 

Impedimenti e parresìa

di Andrea Grillo

 

La tradizione ecclesiale ha vissuto il sesso femminile come un “impedimento alla ordinazione”. Dobbiamo anche riconoscere che questo è stato un punto in comune con la cultura ambiente, per molti secoli. La cosa non aveva bisogno di essere giustificata: era un portato della cultura condivisa. La tradizione ecclesiale si è lasciata plasmare dalla cultura antropologica e sociale, che discriminava la donna sul piano della autorità pubblica. Siamo stati ciechi e sordi, come tutti gli altri uomini. Anche se nei testi avevamo squarci di una visione diversa, li abbiamo lasciati ai margini e li abbiamo disinnescati, sotto la pressione del mondo. La donna irrilevante sul piano pubblico è stato un modo di normalizzare la Chiesa. Con il mondo “tardo-moderno”, grazie alla cultura della dignità, che oggi permette alla Chiesa di parlare persino di “dignità infinita” di ogni umano, abbiamo saputo rileggere la tradizione e scoprire che anche le donne possono essere chiamate al ministero. Intuiamo, sentiamo tutto questo, ma non abbiamo le categorie per dirlo pienamente. Così si sono aperte due strade. La prima, che è quella che ha caratterizzato il magistero cattolico degli ultimi 50 anni, consiste nel mantenere la riserva maschile, anche a costo di inventarsi “nuovi impedimenti”: brillano qui soprattutto l’impedimento “storico”, quello “autoritario” e quello “per principi”. Nessuna di queste strade arriva a quella evidenza teologica con cui pretenderebbe di rinnovare l’impedimento, pur negando a parole ogni discriminazione. Se si sposta la riserva maschile o su Gesù (che la avrebbe affermata con le sue azioni) o sul papa (che non potrebbe non riconoscerla con le sue parole) o sulla coppia Pietro/Maria (che sarebbe normativa di una opposizione originaria tra istituzione e carisma) il gioco sembra fatto. Ma così non si risolve una questione, bensì si pretende di far tacere la domanda, anche con la paura. Invece la domanda non si placa. Questa strategia degli ultimi decenni è moderna, troppo moderna: ha preteso di rispondere ad una domanda nuova mediante una negazione di autorità, con la quale, tuttavia, si lasciava in piedi tutta l’autorità tradizionale. Si negava la autorità per non riconoscere autorità se non a se stessi, con un dispositivo di blocco sostanzialmente autoreferenziale.

A fronte di questo “blocco”, uno “sblocco” può passare soltanto attraverso le due parole con cui si chiude il libro degli Atti degli apostoli: “in tutta parresia e senza impedimenti”. L’ultimo sguardo sulla predicazione di Paolo a Roma è caratterizzato da questi due termini. Da quando Francesco è papa, questi sono stati due tra i termini più utilizzati per incentivare un confronto teologico e pastorale segnato precisamente da grande “franchezza”. Con tutta la parresìa necessaria, la comprensione del rapporto tra donne e ministero non sembra offrire ragioni teologiche sufficienti per giustificare i classici impedimenti. Gli impedimenti venivano da culture misogine. La scoperta della pari dignità di autorità tra donne e uomini fa cadere gli impedimenti e predispone anche il cattolicesimo a superare i pregiudizi e a disporsi a riconoscere una autorità pubblica, ufficiale, ecclesiale e apostolica a tutti i battezzati, senza più “riserva maschile”. Così nell’ultimo capitolo del libro ho cercato di presentare nel dettaglio come sono cambiate le argomentazioni sulla “riserva maschile” lungo la storia, come si è configurata la tentazione di “deriva autoritaria” degli ultimi decenni e come formulare oggi la dovuta apertura verso una “vocazione universale” al ministero ordinato, “con tutta franchezza e senza impedimenti” (At 28,31)

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