Sinodalità al plurale?
Quando si è parlato di un Sinodo sui giovani, ho subito pensato che frère Roger [di Taizé] aveva avuto l’idea di un “Concilio dei giovani”. Non ne conosco la storia, già lunga.
Mi sembra che, concretamente, questo “concilio” abbia preso la forma di raduni a livello di regioni molto ampie, più o meno unificate dalla geografia, la storia, la politica, la cultura. Riunioni di convivialità, di preghiera, di pensiero. Non so se ne uscivano dei “documenti”. Non so se c’erano relazioni organiche tra i “concili” così riuniti, permettendo di scoprire le linee comuni su ciò che potrebbe essere un cristianesimo giovane oggi. In ogni caso, i partecipanti erano in maggioranza giovani, anche tra gli organizzatori. So che frère Aloïs è stato invitato al Sinodo dei giovani della Chiesa cattolica; non so se, prima, lo si era consultato, lui e gli altri organizzatori di questi Concili di Taizé, sulla forma da dare al Sinodo cattolico dei giovani.
Dal canto suo, papa Giovanni Paolo II ha avuto l’idea delle Giornate mondiali della gioventù. Al di là del fatto dei raduni, della conoscenza di luoghi, di culture e dunque di chiese diverse, non ci sarebbe modo di fare di esse dei luoghi in cui si lavora alla formazione di cristianesimi giovani, per la vita e l’evangelizzazione?
Dietro questi punti interrogativi ce n’è uno, più generale: si parla di “Sinodo dei vescovi”. Ma perché non “Sinodo delle Chiese”, nella cui organizzazione si valuterebbe come dare una parola equilibrata a diverse comunità o gruppi coinvolti, con la necessaria presenza episcopale misurata sull’oggetto particolare del Sinodo? La Chiesa non è il papa, le Chiese non sono i vescovi. Scrivo nel momento in cui il Sinodo per i giovani si chiude. Mi auguro che ne esca qualcosa che ci stupisca per la sua freschezza, per la sua forza, per il suo realismo, per la sua audacia.
In un blog recente, avevo formulato l’auspicio che un prossimo sinodo si occupi dei preti. Supponendo che questo suggerimento sia trasmesso da persone competenti e dotate di autorità, bisognerà farne un sinodo “romano”? La fisionomia concreta del clero non è ovunque la stessa. Non si andrebbe forse più a fondo facendo piuttosto dei sinodi continentali, sul tema offerto alla riflessione delle Chiese? Forse le chiese di un continente sarebbero più a loro agio discutendo tra loro, al di fuori di una certa “supremazia” delle chiese d’Occidente. Le vere ricchezze e i veri problemi potrebbero venire meglio alla luce. Le decisioni prese sarebbero forse più adeguate.
Si potrebbe immaginare che una commissione dei rappresentanti di ciascuno di questi sinodi si riunisca in seguito a Roma e ne dia un resoconto che esprima i consensi, ma forse anche le divergenze all’interno di ogni continente, e si valuterebbe se alcune proposte comuni per l’insieme della Chiesa cattolica sono possibili, desiderabili, produttive. Forse sì, forse no…
Insomma, credo che bisogna fare di tutto per alleggerire le strutture, per costituirle di volta in volta in modo che un Sinodo in corso raggiunga il suo scopo.
(Traduzione di Emanuele Bordello)