Superamento del bicameralismo perfetto e composizione del nuovo Senato // Verso il referendum, n. 4


schermata-2016-11-27-alle-20-13-21Dopo aver analizzato questioni di metodo e la storia della riforma, vediamo le principali innovazioni prefigurate dalla Riforma Boschi.

Ci soffermiamo sul primo dei tre punti fondamentali: il superamento del bicameralismo paritario o perfetto. La differenziazione di Camera e Senato è da vedere con favore. L’«inutile doppione»[1] – come lo definì Costantino Mortati, insigne giurista e costituente democristiano – di due Aule, funzionalmente e strutturalmente uguali, è unica nel panorama degli ordinamenti costituzionali contemporanei.

Il Senato, nel nuovo testo proposto, viene distinto dalla Camera per composizione, funzioni e rapporto con il Governo. Esso, infatti, sarà rappresentativo delle istituzioni territoriali e composto da 95 senatori, scelti tra consiglieri regionali (74) e sindaci (21, uno per regione). Verranno inoltre nominati altri 5 cinque senatori dal Presidente della Repubblica, per un totale di 100 rappresentati. Sulla composizione del Senato pesa la problematica formulazione dell’art. 57, comma 5, che prevede l’elezione dei senatori «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi», rinviando ad una legge successiva la modalità, diretta o indiretta, di attribuzione dei seggi.

Al nuovo Senato, nonostante la posizione di subordine rispetto alla Camera e la presenza di senatori che svolgono un doppio incarico (nazionale e locale), vengono attribuite numerose funzioni (art. 55) riconducibili a tre gruppi omogenei:

a) raccordo tra lo Stato, gli enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea;
b) l’esercizio della funzione legislativa ex art. 70 (si rinvia al paragrafo successivo);
c) valutazione delle politiche pubbliche, dell’attività delle pubbliche amministrazioni;
d) verifica dell’impatto delle politiche pubbliche, delle politiche dell’Unione europea sui territori e dell’attuazione delle leggi dello Stato.

Oltre alle differenti composizioni e funzioni, mutua anche il rapporto tra le aule parlamentari e l’esecutivo. I deputati della nuova Camera rappresenteranno la nazione e, per questa ragione, attribuiranno la fiducia al Governo. Il Senato invece sarà luogo di rappresentanza delle autonomie locali e degli indirizzi politici che esse esprimeranno: non avrà, per questa ragione, un rapporto fiduciario con l’esecutivo nazionale. Inoltre il Senato sarà un organo permanente (cioè senza la previsione di scioglimento al termine delle legislature) poiché composto dai consiglieri-sindaci in carica per un periodo corrispondente a quello dei Consigli regionali di provenienza.

Permangono alcuni dubbi su punti irrisolti della prefigurata composizione del nuovo Senato che possono essere così schematicamente riassunti:

a) quale sarà la modalità di elezione dei senatori;
b) se il Senato sarà rappresentativo dei territori o piuttosto, in assenza di un mandato imperativo ai senatori di rappresentare i Consigli regionali di provenienza, si organizzerà secondo logiche partitiche;
c) se sarà esclusa o, viceversa, prescritta la presenza tra i senatori del Presidente di ciascuna regione;
d) con quale modalità verranno eletti i sindaci e quale tipo di configurazione avrà il loro mandato;
e) come verrà in concreto gestito il doppio mandato (nelle istituzioni territoriali di appartenenza e in Senato) considerando i tempi ristretti (15-30 giorni) che sono concessi al Senato per intervenire nel nuovo procedimento legislativo.

Le questioni che rimangono aperte non sono marginali: ad esse dovranno dare risposta la legge elettorale del nuovo Senato e i nuovi regolamenti parlamentari che giocheranno un ruolo fondamentale sia nell’attuazione del nuovo procedimento legislativo (di cui si parlerà nel prossimo post) sia sull’operatività complessiva del nuovo Senato.



[1] C. Mortati, Intervista, in «Gli Stati», n. 10/1973.

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