Telefonare è un rito. Un libretto a due voci


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Nei giorni scorsi è uscito il libretto”Telefonare” della collana “riti del vivere”, curata per Cittadella da Giulio Osto. Con ANNAMARIA RONDINI abbiamo scritto a 2 (o 4) mani questa riflessione antropologica e teologica, intorno ad una delle azioni che è diventata più comune, ovunque e per tutti. Un “rito laico” che conserva una sua qualità misteriosa e che, col nascere dei telefoni “smart”, si è arricchita e complicata grandemente. Ecco uno stralcio del IV capitolo (pp.89-93).

CAPITOLO QUARTO

La forma telefonica del mondo

Sullo schermo dello “smartphone” la funzione “chiamata” è solo una delle decine e decine di “applicazioni” a disposizione dell’utente. Con una logica simile alle “windows” del PC, toccando lo schermo con un dito si possono compiere moltissime funzioni che utilizzano la versatilità della potenza insieme alla capacità della memoria. Il telefono non è diventato solo “smart”, perché puoi usarlo come calcolatrice o come bussola, come torcia o come biglietto ferroviario, ma è diventato anche “sensibile”. Può ascoltare e così sa riprodurre ogni suono, come l’uccello lira; può vedere ogni cosa e così riproduce ogni cosa. Raccoglie molte domande ed elabora risposte non banali. Udito, vista e gestione dati sono garantiti con una velocità sempre più grande e con una precisione sempre più sorprendente. La qualità dei microfoni e degli altoparlanti, delle videocamere e degli schermi è sempre più alta, la velocità di elaborazione e di calcolo dei processori sempre più istantanea. Così la mediazione, peraltro obiettivamente assai invadente, tende quasi a scomparire, si fa immediata. Il telefono intelligente, lo smartphone, è nuova immediatezza, meravigliosa e insieme pericolosa. Esso introduce una “forma telefonica del mondo” che rinnova e mette a dura prova le abitudini umane, ponendo in luce nuove possibilità insieme ad antiche fragilità. Alcuni esempi possono essere interessanti:

a) Viva voce come alta voce. Si può osservare, in generale, che il tono della voce, nelle persone senza smartphone, è culturalmente determinato. C’è chi è abituato a parlare sempre a bassa voce, e chi invece usa, anche in pubblico, un volume di comunicazione vocale molto più alto. Ma se introduciamo la variabile “smartphone” ecco manifestarsi nuove possibilità. Chi grida normalmente, al telefono sbraita molto di più. E può farlo sia dotato di auricolare, con l’effetto simile al primo capitolo del Signor Mani di A. Yohshua: senti solo una parte del dialogo, ma capisci pure i dettagli di tutta la conversazione. Eppure il massimo dell’effetto telefonico “smart” si raggiunge quando il “banditore”, non contento di infliggerti le sue opinioni sul nuovo ministro, o suo vecchio allenatore, aggiunge anche, viva voce e per gentile concessione, il parere del suo amabile interlocutore. Il tutto, ovviamente, nel silenzio dell’aereo appena atterrato, con la riabilitazione fresca fresca delle connessioni e la possibilità di svelare proprio a tutti, con un coro a due voci, la verità sul nuovo capo del dicastero o sulla perché della posizione in classifica della squadra in campionato.

b) La comodità della dilazione e la irruzione del messaggio vocale. La gestione del tempo, con uno smartphone, viene trasformata. La memoria – interna, esterna o virtuale – emancipa dal “tempo reale”. Ma questo non è solo una semplificazione. Può capitare infatti che, in una chat di whatsapp, l’altro ricorra improvvisamente al “messaggio vocale”. Cosa utile per dire le cose più rapidamente quando non si può scrivere, ma che mette l’altro in difficoltà, se non può ascoltare immediatamente il messaggio vocale. Così, questa regressione dello “smartphone” a “telefono”, che si realizza precisamente con il presentarsi di un file audio al posto di una serie di parole scritte, mostra bene la diversa condizione di comunicazione. La “voce lontana”, se irrompe nella sua materialità e invadenza, rende più complessa la relazione che gestiamo come “scambio di messaggi scritti”. Ciò che per uno semplifica, per l’altro complica.

c) L’auricolare e lo schermo. Proprio per ovviare a questi problemi di “cambio di registro” – tra telefono e smartphone – è sempre più frequente la dotazione di “auricolari stabili”, per poter passare da scritto a verbale con un impatto minimo sull’ambiente circostante. Se hai sempre le auricolari alle orecchie (e un microfono pronto davanti alla bocca), ogni “salto” di registro ha immediatamente la sua risposta. E puoi passare dalla multimedialità all’arcaica “voce lontana” con uno schiocco delle dita. D’altra parte, e si vede bene qui la potenza dell’occhio sulla voce, non è infrequente che chi “parla al telefono” (con o senza auricolare) porti una mano davanti alla bocca perché “non si veda quel che dice”. Il “verbo visibile” viene censurato, non solo in parlamento, ma anche a tavola, al ristorante, o per strada. Di fronte a commensali o passanti del tutto estranei e anche un po’ straniti. Se poi la “cuffia” perde anch’essa i suoi fili, e diventa wireless, allora il salto costa soltanto la fatica di aver inserito subito la protesi nell’orecchio, un attimo dopo essersi alzati dal letto…

d) Lo squillo, il rumore e la sinfonia. Ultimo assaggio di questa fenomenologia del “mondo telefonico” è la evoluzione dello “squillo di telefono”. Questo sviluppo riguarda non solo la gestione dello squillo: evidentemente sul muro o sul tavolino è una cosa abbastanza prevedibile, ma nella borsetta di una persona anziana diventa una “mina vagante”, che altera inavvertitamente ogni codice sonoro prestabilito, dalla consacrazione eucaristica alle esequie del vicino di casa. Ma più che la incontrollabilità, vale la controllabilità della suoneria, che ora può pescare dall’intero archivio sonoro delle memorie telefoniche. Così la suoneria può essere la riproduzione di ogni suono. Abbiamo piazzato un uccello lira nei nostri smartphone e così l’arrivo di una telefonata può essere annunciato dal rumore sordo di una motosega, dalla sirena spiegata della polizia, dall’annuncio di un treno in stazione o dall’attacco brillante di una sinfonia di Schumann. Così può anche accadere che la cosa più interessante di una conferenza sia stato il suono del telefono che ha interrotto a un certo punto le parole del relatore…

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