Testimonianza


III DOMENICA DI AVVENTO B

Is 61,1-2.10-11; 1Ts 5, 16-24; Gv 1,6-8.19-28

 

Introduzione

Una terza parola del vocabolario dell’Avvento che incontriamo sul nostro cammino in questo tempo liturgico è «testimonianza». La liturgia della terza domenica nel brano evangelico (Gv 1,6-8.19-28) affida questo termine alla voce e la volto di Giovanni Battista. Egli, Giovanni, uomo mandato da Dio, doveva rendere testimonianza alla luce: «Egli non era la luce, ma fu mandato per rendere testimonianza della luce» (Gv 1,8). Il brano evangelico è tratto in parte dal prologo poetico (Gv 1,6-8) del quarto Vangelo e in parte da quello narrativo (Gv 1,19-28).

La prima lettura (Is 61,1-2.10-11) tratta dal profeta Isaia parla della vocazione profetica come missione affidata per portare ai poveri un lieto annuncio. Siamo al centro del «terzo Isaia» (cc. 56-66), dove troviamo l’annuncio della ricostruzione di Sion. Il testo della liturgia di questa domenica è come un dialogo tra il profeta (Is 61,1-2) mandato a portare ai poveri un lieto messaggio, un evangelo, e la città di Sion (Is 61,10-11) che gioisce per le vesti di salvezza con le quali il Signore l’ha rivestita. Nella liturgia di questa domenica, è la figura di Giovanni Battista, l’amico dello sposo (Gv 3,29), a essere illuminato da questa parola profetica. Egli è il testimone che annuncia l’opera di Dio ed «esulta di gioia alla voce dello sposo» (Gv 3,29).

Nella seconda lettura (1Ts 5,16-24) tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi è un invito a vivere nell’integrità il tempo dell’attesa del Signore. Il credente nella storia, proprio perché sa che il Signore viene, è chiamato a vivere nella letizia, nella preghiera e in rendimento di grazie. Sono le conseguenze dell’annuncio della venuta del Signore nella vita dei credenti.

Commento

Nel piano di Dio, nel suo progetto originario, «era la vita, e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1,4). La luce della vita presente nel progetto di Dio, da sempre splende e si diffonde, nonostante le tenebre non l’accolgano, la luce splende nelle tenebre, è sempre disponibile, illumina (Gv 1,9), ed accoglie nella vita ogni uomo che viene nel mondo (Gv 1,9).

Il progetto di Dio, che è vita in abbondanza, risplende nella luce ed illumina ogni uomo, ma l’uomo spesso non accoglie la luce nella quale risplende la vita e vive nelle tenebre, mentre è chiamato alla luce. L’uomo porta dentro di sé una vocazione alla vita piena, e quando non ascolta la sua voce, vive nella menzogna, nella tenebra che oscura i suoi occhi.

Questa luce-vita, rifiutata dagli uomini, prende carne in Gesù, in lui il progetto originario di Dio si manifesta e si incarna in pienezza. Egli «era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo» (Gv 1,9). All’uomo accecato da una vita nella menzogna, il Verbo fatto carne rivela la via della vita. Giovanni viene «per rendere testimonianza alla luce», per destare nel cuore dell’uomo l’anelito alla luce. La sua è una testimonianza debole, sebbene la sua voce risuoni con coraggio e forza. È una testimonianza, quella del Battista, che deve far risvegliare il desiderio di vita in pienezza che egli porta dentro di sé. Per questo Giovanni è l’uomo dell’Avvento, perché egli rimane perennemente questa testimonianza che grida nel deserto per rendere attenti gli occhi degli uomini e delle donne alla luce che inevitabilmente risplende, per rendere «diritta la via del Signore».

Giovanni evangelista inizia a parlare della testimonianza resa alla luce dal Battista parlando in negativo: egli non è la luce. Un altro è la luce del mondo ed egli è venuto per indicarlo presente, per dire che la luce risplende: «in mezzo a voi sta uno che non conoscete» (Gv 1,26). Un altro deve essere al centro, un altro deve essere atteso, un altro è la vita vera, che risplende come luce. Anche Giovanni Battista stesso, rispondendo a sacerdoti e leviti venuti da Gerusalemme per interrogarlo, parla di sé principalmente al negativo: «non lo sono». Egli, ai suoi interlocutori che lo interrogano circa la sua identità, risponde affermando di non essere né il Cristo, né Elia, né il profeta. Egli è «voce», testimonianza: un’identità che egli scopre nelle Scritture, nelle parole del profeta Isaia.

Giovanni anche in questo è il prototipo e il modello della testimonianza alla luce, che anche oggi continua e che l’Avvento ci fa vivere. Noi vorremmo trovare tutto subito, che tutto fosse definitivo, desidereremmo avere risposte chiare e immediate. Il tempo di Avvento nella figura di Giovanni ci richiama alla necessità di saper accorgersi di queste voci che dicono «non sono io» ma che sono vere testimoni della luce, capaci di risvegliare in noi il desiderio della vita e della luce e che ci indicano il volto di quell’altro sul quale risplende in pienezza il progetto di Dio che dal principio è vita. L’Avvento in Giovanni ci dice che il provvisorio è il luogo nel quale nel tempo vive la testimonianza: è il luogo della non-idolatria perché non trattiene lo sguardo dell’uomo su di sé, non ha pretese di definitività ma ci rimette in cammino nella storia con lo sguardo fisso verso un compimento. L’Avvento in Giovanni dovrebbe farci guardare con un po’ di sospetto a chi dice «sono io», oppure, riferendosi al compimento del Regno, «eccolo qua… eccolo là» (Lc 17,23). Questo tempo che attraversiamo dovrebbe farci guardare con sospetto ogni pretesa di definitività, ogni risposta facile e scontata, perché è qui che nasce l’idolatria, che genera quelle tenebre che ci impediscono di vedere la luce vera. L’Avvento in Giovanni ci richiama alla testimonianza autentica da ricevere e da donare, ci fa scoprire la gioia di sapere che nelle piccole testimonianze provvisorie sta il segreto per incontrare colui nel quale risplende la vita in pienezza, per ascoltare la vocazione che portiamo nel cuore, quella del progetto di Dio che è vita per noi.

Conclusione

L’Avvento che attraversiamo con lo sguardo fisso al futuro è in realtà un elogio del provvisorio (A. Louf), l’oggi, che diviene luogo di testimonianza dell’assoluto che il cuore dell’uomo e della donna cerca. Così, alla scuola di Giovanni Battista, uomo dell’Avvento, i nostri occhi divengo capaci di vede come dalla semplice contemplazione della terra che produce la vegetazione, dall’estrema provvisorietà di un giardino il cui splendore dura pochi mesi, si può scorgere l’annuncio della salvezza di Dio che si manifesta e risplende. Infatti, « come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti» (Is 61,11).

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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