Tra maledizione e benedizione


XXXI Domenica del Tempo ordinario –C

Sap 11,22-12,2   Sal 144   2Ts 1,11-2,2   Lc 19,1-10

Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme sta giungendo al termine. Egli nell’ultima tappa del suo cammino incontra la città di Gerico, a circa 40 km da Gerusalemme. Gerico nella Bibbia rappresenta la città maledetta. È il primo ostacolo che il popolo di Dio incontra sul suo cammino verso la terra. Dopo la sua conquista, avvenuta non con le armi, ma per opera di Dio, Giosuè pronuncia una terribile maledizione su Gerico: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si alzerà e ricostruirà questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!» (Gs 6,26; cf. 1Re 16,34). Gerico è il luogo più maledetto del mondo.

Ma che cosa accade a Gerico? Accade l’incontro tra due sguardi. Lo sguardo di Gesù e lo sguardo di Zaccheo. Zaccheo è un capo dei pubblicani, si occupava della riscossione delle tasse da parte dei romani, che dominavano allora il Paese. È un uomo abituato al disprezzo di tutti per il suo collaborazionismo con il potere degli occupanti pagani e per la disonestà e corruzione con la quale abitualmente i pubblicani svolgevano il loro lavoro. Zaccheo ammette esplicitamente dopo l’incontro con Gesù di aver frodato e derubato. Quest’uomo – non sappiamo perché – vuole vedere Gesù, ma è piccolo di statua. Una piccolezza sottolineata da Luca, che forse non è solo fisica, ma morale e spirituale. Zaccheo non è solo piccolo di statura, ma meschino. È abituato ad esse guardato dall’alto verso il basso, sia per la sua statura fisica, sia per la sua statura morale.

Ma con Gesù, che forse egli voleva vedere solo per curiosità o forse per una ricerca di liberazione non assopita nel cuore, gli accade qualcosa di radicalmente sconosciuto; qualcosa di nuovo che gli cambierà l’esistenza. Gesù lo guarda (anablepo) dal basso verso l’alto. Anche questo non è solo uno sguardo fisico, motivato dalla posizione di Zaccheo sul sicomoro, ma uno sguardo teologico di un Dio che non ci guarda dall’alto vero il basso. L’incontro con Gesù è un incontro che cambia le prospettive, sconvolge le attese, scardina i pregiudizi. L’incontro con Gesù non è un «colpo di spugna», ma l’invito alla conversione e al cambiamento della vita. Il Dio di Gesù non è uno che fa condoni periodici, ma che cambia la vita e la trasforma, grazie al suo sguardo che ci disorienta e riorienta.

Così il luogo più maledetto della terra è divenuto teatro della più grande benedizione. Non dimentichiamo che Giosuè e Gesù sono lo stesso nome: uno in ebraico, Giosuè, e l’altro in aramaico, Gesù. Significativo che questo accada alle porte di Gerusalemme, al temine del viaggio di Gesù. Sembra che Luca voglia dirci che non c’è luogo maledetto nel quale la benedizione di Dio in Gesù non possa entrare. Non c’è luogo maledetto della nostra vita che non possa essere abitato, come la casa di Zaccheo, dalla grazia dell’incontro con lo sguardo di Gesù. Quello sguardo che in questa eucaristia ora si posa su di noi.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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