Trasfigurazione


II Domenica di Quaresima – C

Gn 15,5-12.17-18; Fil 3, 17 – 4,1; Lc 9, 28-36

Che cosa significa “trasfigurazione”? Che cosa capisce un uomo o una donna di oggi quando sente la parola “trasfigurazione”? E perché la Chiesa legge ogni anno uno dei racconti della trasfigurazione di Gesù come seconda tappa del cammino quaresimale? “Trasfigurazione”, anche se lontano da noi e dal nostro linguaggio comune, è una parola fondamentale della vita cristiana, che non dovrebbe mancare dal nostro vocabolario e che la Quaresima ogni anno ci fa riscoprire.

La Trasfigurazione, questa esperienza di Gesù da parte di tre dei suoi discepoli, attestata da tre Vangeli – Matteo, Marco e Luca – durante il suo cammino verso Gerusalemme, ci dice un fatto fondamentale riguardo al modo di agire di Dio nei confronti del mondo: Dio si rivela senza distruggere, senza annientare, senza cancellare l’umano e il terreno, ma “trasfigurandolo”.

Pensiamo all’episodio del roveto ardente, nel quale il Dio di Israele si rivela a Mosè. Mosè ascolta la voce di Dio da un roveto che ardeva senza consumarsi. Le fiamme avvolgono il roveto, lo rendono luminoso, ma non lo consumano. Questo è ciò che attira l’attenzione di Mosè: egli vede un roveto che arde senza consumarsi. Un roveto consumato dalle fiamme non avrebbe attirato l’attenzione di Mosè. Infatti, è nell’esperienza comune quella di vedere fiamme che ardono e consumano. Ma ciò che attira l’attenzione è proprio il contrario: un fuoco che non consuma. È questo il fatto straordinario: che si possa riscaldare e illuminare senza ridurre qualche cosa in cenere. Noi non possiamo illuminare senza consumare; Dio invece si rivela senza distruggere.

Così avviene nell’umanità di Gesù, nell’esperienza della trasfigurazione. Nel corpo umano di Gesù, attraverso un linguaggio fortemente simbolico, si rivela la gloria di Dio. L’umanità di Gesù non è annullata, ma è esattamente attraverso di essa che Dio si rivela, che il Padre si racconta (cf. Gv 1,18). Nell’episodio della trasfigurazione si manifesta la verità della missione di Gesù: che l’umano diventi il luogo nel quale il divino possa comunicarsi; che Dio possa far risplendere sè stesso nelle realtà umane senza annullarle, perché l’umano possa ritrovare in Dio la verità più profonda di sè stesso.

Ma il mistero della trasfigurazione non riguarda solo Gesù; in lui, infatti, «nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (GS 22). Il mistero della trasfigurazione riguarda anche noi. Per questo la Chiesa pone la trasfigurazione come tappa fondamentale del cammino di Quaresima. Anche nella nostra esistenza è vero ciò che è stato vero per Gesù. Anche in noi Dio può manifestare la sua gloria, la sua presenza senza annullare e senza distruggere o cancellare ciò che è umano. Anzi il mistero della trasfigurazione ci dice che la nostra vita può essere trasparenza della gloria di Dio, non annullando la nostra umanità, ma facendole ritrovare la sua verità

La Quaresima ci dice proprio questo: fare spazio a Dio (I domenica: la prova nel deserto) non significa rinunciare alla propria umanità, bensì ritrovarla, trasfigurata della luce divina (II domenica: trasfigurazione), nella sua verità. Un cammino di divinizzazione che è al contempo un cammino di umanizzazione. È il senso del battesimo e di ogni azione di Dio nella nostra vita: Dio trasfigura la nostra vita, non la cancella. Per questo “trasfigurazione” è una parola centrale del vocabolario cristiano.

Il mistero della trasfigurazione racchiude in sè il segreto del nostro rapporto con Dio, a partire dall’umanità trasfigurata del Figlio. Sul monte della trasfigurazione la voce celeste ci dice di ascoltare il Figlio – «Ascoltatelo!» – perché seguendo le sue orme anche noi possiamo diventare trasparenza della gloria di Dio, facendo della nostra umanità un roveto che arde ma non si consuma.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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