Questo articolo nasce da una riflessione sul tema dei mondi distrutti e dei mondi costruiti. Vi si passa in rassegna un secolo di scritture tra le più interessanti e sensibili sull’argomento. Tutto il Novecento potrebbe essere osservato come un periodo in cui si sono alternate apocalissi a utopie, fasi di cadute a fasi di riprese, osservabili in prima battuta da un punto di vista storico e poi anche dal punto di vista letterario, che è consequenziale. Come si vedrà, i periodi particolarmente segnati dal senso della catastrofe sono più estesi e quantitativamente hanno apportato maggiori (non sempre migliori) frutti rispetto ai periodi in cui più forte si è sentita l’esigenza di costruire o ri-costruire il mondo. Ciò spiega perché gli autori “apocalittici” sono numericamente superiori nei confronti degli autori “utopici”.
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