La Bibbia si apre con la descrizione dell’opera creatrice di Dio nella versione sacerdotale – la cosiddetta fonte P, risalente al VI sec. a.C. – raccolta in Genesi 1-2,4. La creazione vi è presentata come la produzione degli esseri che compongono il cosmo: ciò che prima non esisteva entra nell’esistenza attraverso l’azione creatrice del Signore.
Non si tratta di un “lavoro”, giacché il lavoro umano esige tempo, mentre la creazione è istantanea: «Dio disse: “Sia la luce!” E la luce fu» (Genesi 1,3). Inoltre, l’attività del Creatore si limita a un imperativo («Sia la luce!»), comporta cioè soltanto pensiero e volontà, mentre il lavoro umano richiede anche uno sforzo, richiede forza. Il lavoro dell’uomo, poi, deve necessariamente partire da qualcosa che già esiste e che, spesso, è una materia da trasformare; lo stesso lavoro interiore, quale quello del pensiero, presuppone il contatto con qualcosa di preesistente, che si rende visibile agli occhi dello spirito. Il proprio dell’azione creatrice, al contrario, è di essere indipendente da ogni dato previo.