Credo che la cosa più utile nell’affrontare questo argomento sia prendere le mosse dalle recenti “primavere arabe” che tante speranze avevano suscitato, ma che altrettante delusioni sembrano registrare di fronte alla caotica situazione che sta sconvolgendo Medio Oriente e Nordafrica.
Due precisazioni tuttavia s’impongono in via preliminare. I paesi arabi, nonostante la loro importanza e l’interesse che dovrebbero suscitare su noi dirimpettai europei, non rappresentano che il 20% dell’immenso mondo musulmano. Da ciò deriva come le loro vicende, per quanto talvolta paradigmatiche di più generali problematiche, non esauriscono la gamma davvero ampia e articolata delle relazioni fra identità religiosa e istituzioni politiche che dal Marocco all’Indonesia – e lungo un arco di molti secoli – si sono instaurate in ambito islamico. La seconda considerazione è di carattere più terminologico, ma non meno rilevante: parlare di “primavere arabe” è improprio e fuorviante in quanto gli eventi politici non possono essere paragonati a cicli naturali che si ripresentano a scadenza fissa. É meglio definirli “risvegli”, tenendo presente che destarsi, ad esempio dal coma, da un’anestesia, dopo una lunga degenza o semplicemente da un brutto sogno, è certamente il primo passo per uscire dal torpore, ma può essere molto traumatico, se non altro per la maggior consapevolezza della propria situazione, che si recupera d’un tratto e che non è detto ci trovi nelle condizioni ideali per reagire adeguatamente.