Se la pandemia e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sembrano sollecitare a un impegno che non ha storia, vorrei qui invece ricordare che il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) funziona da 43 anni con risultati per alcuni aspetti critici, ma con sostanziali vantaggi per il benessere della comunità. COVID-19 ci fatto registrare difficoltà, inefficienze e ritardi: quali, allora, le lezioni apprese? La premessa per ogni iniziativa di riordino o di riforma, che non sia una controriforma, non può abbandonare i pilastri costituzionali che garantiscono il diritto alla tutela della salute per tutti i cittadini e le persone presenti in Italia: universalismo, uguaglianza ed equità. Soprattutto abbiamo registrato che dignità e libertà devono essere a fondamento della organizzazione, perché il SSN deve offrire il massimo della tecnologia nell’intervento puntuale accanto al massimo dell’accompagnamento nelle malattie croniche. La medicina di base costituisce il punto di accesso alle prestazioni del SSN, ma durante la pandemia ha segnalato la sua insufficienza in relazione al numero di medici di fiducia, alla loro non generalizzata disponibilità e reperibilità, nonché alla loro scarsa preparazione a eventi straordinari. Poiché si tratta di strutturare una risposta che offra continuità terapeutica, risulta evidente che, se la medicina generale non si integra interamente nel sistema pubblico, la convenzione deve cambiare contenuti per consentire la collaborazione in rete con tutte le vecchie e nuove strutture.
Temo, a questo punto, le illusioni suscitate dal PNRR.