Ha sollevato alcune polemiche, al momento della formazione del governo Meloni, la scelta della Presidente del Consiglio di annunciare, contestualmente alla lista dei ministri, la futura ridenominazione del «Ministero dell’Istruzione», aggiungendo ad essa le parole «e del merito». Al di là della non nuova e discutibile abitudine dei governi di cambiare i nomi dei ministeri a scopo declamatorio o ideologico, le critiche a tale opzione hanno dimenticato che è la stessa Carta costituzionale ad aver riconosciuto il fenomeno del “merito” laddove, nell’art. 34, 3° comma, proclama che «i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di accedere ai più alti gradi degli studi». Si può forse partire dal recente episodio di folklore politico per interrogarsi sull’esistenza di un principio costituzionale del merito e sulla sua eventuale portata, vale a dire sul suo “posto” nel sistema generale dei princìpi costituzionali e, in particolare, dei princìpi che la Costituzione del 1947 e le successive modificazioni di essa hanno previsto in materia di cultura, educazione, istruzione, scuola e università, oltre che delle norme in materia di famiglia e lavoro, cui la scuola è intrinsecamente collegata. Si parla talora, al riguardo, di una «Costituzione scolastica» o di una «Costituzione culturale», usando tali formule riassuntive per indicare i princìpi ricavabili dagli articoli 9, 33 e 34 della Costituzione.
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