Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica nell’ambito dell’intelligenza artificiale (IA) ha prodotto un enorme impatto nei diversi ambiti della vita sociale. Si prospetta un futuro con una robotica con IA sempre più pervasiva e interattiva, e anche potenzialmente sostitutiva dell’uomo, se non mediata da limiti giuridici. Si assiste, infatti, a una proliferazione di pronunciamenti etici e giuridici a livello nazionale, internazionale e sovranazionale volti alla tutela della dignità e dell’umanità.
Di certo, si prevede l’aumento dei robot nelle diverse attività quotidiane: medicina, ambito ludico e professionale, servizi pubblici, care e assistenza. Inizialmente era più semplice non associare l’IA alla robotica, per la costruzione di robot con mere funzioni meccaniche e ripetitive, senza l’abbinamento di algoritmi capaci di riprodurre alcune funzioni rappresentative dell’uomo: linguaggio, calcolo, analisi di dati. Oggi, invece, l’uso costante dell’IA nella vita sociale, l’interazione continua con essa e le sembianze umanoidi che alcuni ideatori propongono prospettano robot sempre più “intelligenti” e “autonomi”, e ciò comporta nuovi scenari e dilemmi da elaborare.
In particolare, le nuove tecnologie pongono interrogativi sull’immagine dell’humanum che si intende preservare (e non solo riprodurre) e sulle conseguenti trasformazioni della comprensione del Sé e della natura umana.
Se inizialmente i dilemmi potevano riguardare il se utilizzare tali strumenti, oggi le nuove domande etiche e giuridiche riguardano principalmente il come utilizzarle, progettarle, regolamentarle, affinché l’uomo non perda e non disorienti la sua umanità nell’interazione con gli oggetti della sua creazione.
Ritorna la questione filosofica e antica del rapporto uomo-macchina e, più in generale, del significato e contributo della tecnica nella dinamica e nel processo di evoluzione materiale dell’uomo. Gli strumenti inventati dalla nostra species hanno da sempre prodotto un miglioramento delle condizioni di vita, seppur inducendo, in molti casi, la riduzione degli scambi vitali che discendono dal contatto umano diretto e, pertanto, un rallentamento della maturazione esistenziale delle persone.
Per tale motivo, l’utilizzo della tecnica pone interrogativi sul buon uso della stessa. L’educazione digitale – sempre più ribadita in ambito sovranazionale e internazionale – diventa determinante per stabilire e orientare il rapporto che l’uomo ha con sé stesso, con gli altri umani e con gli oggetti di sua invenzione.
Educare al buon uso delle nuove tecnologie pone interrogativi sulle conseguenze che dal mal uso possono derivare. Ciò induce a una riflessione sugli eventuali limiti etici e giuridici necessari per il ripristino del buon uso della libertà e, quindi, della tutela dell’umana relazionalità.