Lo sviluppo tecnologico ha da sempre offerto nuove opportunità di avanzamento scientifico e sociale. In particolare, negli ultimi decenni, la tecnologia si è significativamente avvicinata alle scienze della vita, fornendo strumenti per isolare e modificare i sistemi sperimentali in vitro e offrendo potenza computazionale a supporto ed espansione delle nostre capacità cognitive per la comprensione delle caratteristiche dei sistemi viventi complessi attraverso l’introduzione di modelli e simulazioni digitali. Si tratta di metodi che permettono di modificare e riscrivere determinati processi vitali e caratteristiche dell’organismo consentendo ibridazioni più audaci e fluide tra design artificiale e sistemi naturali. Di pari passo con le notevoli possibilità di cura e miglioramento della vita umana, da simili sviluppi tecno-scientifici sono emerse anche complesse questioni etiche per quanto riguarda l’impatto e l’applicazione degli stessi sviluppi.
In un orizzonte simile, secondo alcuni filosofi e scienziati gli esseri umani stanno diventando sempre più superflui nel processo di ricerca della conoscenza, poiché la pratica scientifica, avvalendosi delle tecnologie più avanzate, può essere automatizzata. Più precisamente, è stato sostenuto che lo scopo stesso dell’intelligenza artificiale (IA) oggi non sia semplicemente quello di imitare l’intelligenza umana, bensì di implementare un processo scientifico totalmente automatizzato.2 Simili affermazioni sollevano un interrogativo: «La scienza rimarrà umana?» e generano perplessità sia epistemologiche sia etiche, come avremo modo di vedere.
Nel presente contributo metteremo in luce la centralità del fattore umano nella pratica scientifica a partire da una riflessione concreta sull’automazione della scienza, considerandone i caratteri e le implicazioni epistemologiche. Particolare attenzione verrà posta sulla rilevanza delle virtù nell’ambito della scienza dei dati. L’ipotesi di fondo è che l’attuale esplosione di strumenti tecnologici per la ricerca scientifica faccia emergere la necessità di una rinnovata comprensione del carattere umano della scienza.