Munera 3/2024 – Giuseppe Tognon » Il capitale universale del «merito di vivere». Riflessioni sulla decadenza della meritocrazia

Oggi siamo sprovvisti di un’efficace cultura del merito. La stagione delle culture meritocratiche, fondate sulla pretesa di garantire una migliore utilizzazione del capitale umano, si è chiusa con la crisi delle teorie economiche del liberismo e con l’emergere di enormi distorsioni sociali che mettono in dubbio anche le più sofisticate teorie sulla giustizia. Non basta più l’idea diffusa che il merito è il risultato, misurabile, della fusione tra impegno (determinazione), sforzo (energia) e caratteristiche individuali (potenzialità).

Il pianeta è costellato da numerose “fabbriche dell’eccellenza” – istituzioni private, università d’élite, gruppi industriali, laboratori di ricerca avanzata – che hanno adottato idee e concetti tipici di modelli produttivi esasperati, ma che oggi sono in crisi a causa della decadenza dello “spirito pubblico” e della capacità della politica di contenere gli “spiriti animali” del mercato e lo strapotere di imprese globali che si sostituiscono in molti casi agli Stati. A parole, rappresentano il meglio che si possa prevedere, ma nei fatti mostrano alcuni gravi vizi d’origine: sono orientate contro la cogestione tra manager e lavoratori; funzionano solo fino a un certo livello di addetti; richiedono investimenti colossali e stabili nel tempo; finiscono per essere dominate dalla volontà di pochi dirigenti; sono poco flessibili e adattabili a situazioni di emergenza; infine, sono per lo più impermeabili al giudizio dell’opinione pubblica e talvolta anche alle leggi.

Si percepisce la mancanza di una riflessione condivisa capace di integrare il merito individuale all’interno di una riconsiderazione generale dei rapporti sociali, che si sono complicati, e delle possibilità umane, che si sono dilatate a dismisura.

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