Senza dubbio, la fratellanza umana è una delle idee più evocative della cultura occidentale negli ultimi secoli; tanto più da quando si è unita a egalité e liberté. Il termine ha un retroterra vasto e affascinante. In primo luogo, la parola non può non rievocare l’universo del cristianesimo, che certo le è più congeniale del mondo classico. Nel pensiero cristiano, l’origine della fratellanza umana sta nell’essere tutti figli di Dio: una condizione che implica non solo l’essere uguali di fronte a Dio, ma la necessità – o persino il “dovere” – di amarsi reciprocamente. Ma la fratellanza riceve nella modernità una ulteriore torsione, essendo associata specificamente alla libertà. In particolare, nella triade rivoluzionaria la fratellanza è legata all’eguaglianza politica, assumendo così il rilievo di un fattore essenziale per la sconfitta del dispotismo e più in generale di ogni forma di dominazione ingiusta. In questo senso, il termine “fratellanza” suggerisce che i cittadini non siano estranei, ma che siano uniti da un legame forte, caldo – un sentimento, appunto, “fraterno”, ben diverso dall’essere puri e semplici stakeholder, e si pone come una componente fondamentale dell’immaginario democratico. Ma come si può intendere oggi il richiamo alla fraternità, e soprattutto, come si rapporta agli altri due termini, libertà e eguaglianza? È ancora possibile adottare la fraternità come base necessaria per eguaglianza e libertà?
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