Munera 3/2016 – Pierantonio Frare e Marco Salvioli >> Prodigi di misericordia e forza del linguaggio. Sui capitoli XXI e XXIII dei Promessi sposi

Misericordia è una parola abbastanza diffusa nei Promessi sposi, dove compare 42 volte. Credo che la frequenza non sorprenda; abbastanza sorprendente, invece, che essa, nella maggior parte dei casi, compaia semplicemente come esclamazione: ad esempio, in bocca a Perpetua («Misericordia! Cos’ha signor padrone?»: I 67) o allo stesso don Abbondio minacciato da Renzo («’Misericordia!’ esclamò con voce fioca don Abbondio»: II 35). In significato proprio, è parola che ricorre in bocca agli ecclesiastici. Fa eccezione don Abbondio, s’intende, il quale la usa o in quanto esclamazione, come abbiamo appena visto, o in una accezione riduttiva, che la appiattisce sul concetto classico della pietà verso il nemico sottomesso, con tanto di citazione: «sono nelle vostre mani: abbiate misericordia: parcere subjectis» (XXIII 35). Diverso il caso di padre Cristoforo e del cardinal Federigo. Padre Cristoforo è il primo a usarla nell’accezione sua propria, nel colloquio del cap. VI con don Rodrigo: «quel Dio le usa ora un tratto di misericordia, mandando un suo ministro, indegno e miserabile, ma un suo ministro, a pregar per una innocente» (VI 9). Il cardinal Federigo la usa solo due volte, una nel colloquio con l’Innominato e una in quello con Lucia: «Forse Dio, che ha operato in voi il prodigio della misericordia, diffonde in esse [nelle anime del popolo] una gioia di cui non sentono ancora la cagione!» (XXIII 21); Dio «s’è servito di voi [Lucia] per una grand’opera, per fare una gran misericordia a uno, e per sollevar molti nello stesso tempo» (XXIV 69). Anche il narratore usa la parola con molta parsimonia, e anch’egli, a volte, in un’accezione per così dire desemantizzata.

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