Munera 3/2016 – Piermarco Aroldi >> Tra educazione e mercato. Valore e valori della Children’s Television

In un piccolo classico della letteratura “apocalittica” sulla televisione apparso in Italia nel 1994, Karl Popper proponeva che chiunque volesse fare televisione dovesse prima conseguire una patente che ne attestasse le competenze professionali; in caso di comportamenti contrari ai principi dell’«educazione di massa», la patente gli sarebbe stata revocata. La preoccupazione del filosofo era la responsabilità educativa che la televisione – in quanto parte dell’ambiente fisico e simbolico costruito dall’uomo nel quale i bambini si trovano a crescere – esercita sempre e comunque nei loro confronti, per il semplice fatto di contribuire al loro «orientamento nel mondo».  Come è noto, la proposta non ebbe seguito, se non nelle forme del cosiddetto Codice di autoregolamentazione Tv e minori che, proprio alla metà degli anni Novanta, si avviava in Italia a un periodo di sperimentazione, e che sarebbe stato poi incorporato nella cosiddetta Legge Gasparri sull’emittenza radiotelevisiva; la preoccupazione per la responsabilità educativa della televisione, invece, costituisce tuttora una questione aperta.

Un luogo della programmazione televisiva particolarmente sensibile a questa responsabilità è, chiaramente, sempre stato la cosiddetta “Tv dei ragazzi”, o meglio quella parte del palinsesto che, negli anni, le varie emittenti hanno dedicato al pubblico dei più piccoli, da 0 a 14 anni: una porzione ben delimitata e pedagogicamente recintata nella paleo-televisione delle origini (1954-1975); via via compromessa con l’intrattenimento più commerciale (e talvolta violento) all’epoca del duopolio Rai-Fininvest (1980-1994); divenuta infine un segmento particolarmente dinamico e interessante della televisione digitale, multicanale e tematica dopo lo switch-off del 2012. Oggi, infatti, quella che con più rigore potremmo definire “Children’s Television” (d’ora in poi CT) è un vero e proprio segmento specializzato del sistema televisivo che ne riproduce con esattezza, seppure in scala ridotta, le tendenze produttive e le logiche economiche: al punto che la programmazione per bambini può darsi, oggi, come oggetto privilegiato di una sorta di “critica dell’economia politica” della televisione.

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