Il 25 dicembre 1923 la Frankfurter Zeitung pubblicava un articolo di Thomas Mann dal titolo Naturrecht und Humanität nel quale lo scrittore osservava: «Le idee di cittadinanza universale e di unione, che appartengono all’umanità europea improntata al diritto naturale, quelle idee, nate dall’unione già stoico-medievale di diritto, morale e benessere, che noi a buon diritto – con un diritto che all’origine fu indubitabilmente rivoluzionario – abbiamo appreso a disprezzare tanto profondamente, tacciandole di illuminismo utilitaristico, quelle idee di umanità, compromesse e corrotte nell’esperienza quotidiana, schernite e strumentalizzate dai detentori del potere nella realtà, celano tuttavia un nucleo eterno di verità regolativa, di pratica esigenza razionale, e nessuno popolo – foss’anche per i motivi inizialmente più spirituali – può permettersi di negarle in via di principio senza recare danno alla propria esperienza umana, non solo da un punto di vista sociale, ma anche in un senso più intimo e profondo».
L’articolo di Mann commentava e riassumeva il nucleo centrale della conferenza tenuta il 24 ottobre 1922 da Ernst Troeltsch, dal titolo Naturrecht und Humanität in der Weltpolitik, nella quale il filosofo tedesco aveva esaminato le nozioni di diritto naturale e di legge di natura, presentandole come elementi caratterizzanti la cultura europea. La nozione di legge naturale, che è al centro della conferenza di Troeltsch e dello scritto di Mann, rappresentava in quei decenni uno snodo su cui si venivano concentrando molteplici attenzioni. Era in particolare la storia di questa nozione e il modo in cui i grandi autori medievali l’avevano discussa ed esaminata ad essere oggetto di molteplici studi e ricerche.