Munera 3/2019 – Giorgio Azzoni >> L’architettura carceraria, luogo senza tempo

Da nuovo vescovo di Milano, il 10 febbraio 1980 Carlo Maria Martini entrò in città a piedi e con il Vangelo in mano. Volle transitare davanti alle carceri di San Vittore e, ricordava, «diedi una benedizione e pensai: là vivono migliaia di persone che io debbo andare a trovare». La sua prima visita pastorale fu infatti dedicata a quei detenuti, intessendo con molti di essi, soprattutto con i condannati per atti di terrorismo, uno stretto dialogo. Egli seppe entrare non solo nel carcere, ma soprattutto nel cuore del problema carcerario, interrogandosi e interrogando i codici e la Bibbia, ascoltando per comprendere e ragionando sulle lacerazioni personali e sociali subite anche dai colpevoli. Con intelligenza e umiltà, arrivò a suggerire al diritto penale nuove prospettive umanizzanti.

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