Munera 3/2020 – Giovanni Bombelli >> Fiducia, credenza, norme al tempo del Coronavirus

A ben vedere si tratta di una vicenda tragicamente paradossale. Là dove non riuscì la crisi economico-finanziaria riuscì l’invisibile. Perché di questo si tratta: solo una presenza invisibile e incontrollabile, il virus, è stata in grado di bloccare la funzionalità di un intero sistema mondiale di convivenza, introducendo nel meccanismo un granello esiziale. L’invisibile (il virus) e il materiale (la concretezza della vita associata).

L’invisibile che “distrugge” il materiale.

Ma, oltre ai riflessi immediati che toccano gli stili di vita, la pandemia sembra aver minato anche l’universo simbolico. Colpisce in particolare come, qua e là, serpeggi la sensazione, espressa in atteggiamenti immediati più che in posizioni riflesse, di una fiducia in qualche modo “tradita”.

Innanzitutto, la fiducia in un modello sociale che, sin dalle origini della modernità, prometteva sicurezza e protezione. Inoltre, la fiducia per un certo paradigma di conoscenza scientifica, da qualcuno accusato (invero ingiustamente) di non aver saputo prevenire o contenere la pandemia. Infine la fiducia nella politica e nel diritto, giudicati costantemente in ritardo o troppo lenti nel governare la situazione drammatica determinatasi. Ancora una volta: l’invisibile (la fiducia come risorsa simbolica) e il materiale (i comportamenti).

L’invisibile che “svuota” il materiale.

Acquista l'articolo
per continuare a leggere acquista questo articolo

Utente biblioteche abbonate: clicca qui »

Share