La realtà del paesaggio, nelle Lettere dal Lago di Como di Romano Guardini, funge da cartina di tornasole della situazione della civiltà europea contemporanea e, in essa, di quella italiana. L’autore attiva infatti un paragone, che apre e chiude le lettere, tra la cultura europea, continentale e nordica, e quella italiana, esemplarmente osservata nell’area briantea sopra Milano. Percepisce, nel confronto, il dinamismo temporale proprio del passaggio che, dagli eventi già sedimentati e da quelli in corso, si apre a un futuro non solo possibile, ma in qualche modo prospetticamente annunciato. È pertanto sollecitato a dedurvi segni, trame di una cultura dell’abitare intessuta di senso esistenziale localizzato, ma an- che universalmente umano, nel quale gioca un ruolo fondamentale il contrasto estetico tra armonie e dissonanze e l’etico impegno della libertà degli abitanti.
Esperienza tattile d’immersione del proprio corpo in un luogo, il paesaggio si dimostra così per ogni uomo piattaforma scenica in- dispensabile per l’esercizio della potenza dello sguardo e, quindi, di una cultura che si alimenta a memorie e nutre speranze. Questa lezione di Guardini ha un’incomparabile forza persuasiva, dice con estrema semplicità che l’essere dell’uomo è sempre un esserci non solo come condizione di stato, ma anche come tensione creativa a costruire e ri-costruire la propria dimora.