Un sogno non accolto


DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE – A

Is 50,4-7   Sal 21   Fil 2,6-11   Mt 26,14- 27,66

Introduzione

Con la Domenica delle Palme e della Passione del Signore entriamo in un tempo particolare di quell’itinerario iniziato con il Mercoledì delle Ceneri: la Settimana Santa. In questa domenica la liturgia ci pone davanti il racconto della passione del Signore. Nell’anno A leggiamo il racconto secondo Matteo. La passione del Signore sarà nuovamente proclamata il Venerdì Santo, seguendo il Vangelo di Giovanni. Questa domenica crea con la domenica di Pasqua un annuncio pasquale completo, con la narrazione della passione, morte e risurrezione del Signore. Il medesimo annuncio pasquale viene ripreso, seguendo una logica differente, nel Triduo santo.

Oltre alla Passione del Signore secondo Matteo, nella liturgia di questa domenica viene letto ogni anno il terzo canto del Servo del Signore tratto dal Libro di Isaia (I lettura) e l’inno cristologico della Lettera ai Filippesi (II lettura). Si tratta di due letture che ci guidano nella lettura dei fatti della passione, facendone emergere più chiaramente il senso teologico e cristologico.

Commento

I racconti della Passione sono certamente molto ricchi ed è difficile sintetizzare in poche righe il loro messaggio. Per di più ogni evangelista fa le sue sottolineature. Cerchiamo allora di soffermarci unicamente su alcuni aspetti più significativi per il Vangelo di Matteo che caratterizza l’anno A. Un aspetto importante della passione per Matteo è il fatto che Gesù si presenta fin dall’inizio come «il Signore dell’evento» (cf. U. Luz). Lo si nota già all’inizio del racconto: «Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”». (Mt 26,1-2). Qui il testo dice che tutto è saldamente nella mani di Gesù: la sua vita non gli è tolta, ma è lui che la dona. Certo concretamente tutto poi sembrerà essere nelle mani degli uomini, ma Matteo all’inizio ci svela chi è il vero «Signore» di ciò che accade. Nei versetti successivi poi entrano in gioco gli altri personaggi della passione, i capi religiosi e politici del popolo: «Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire» (Mt 26,3-5). Tuttavia anche qui Matteo pone una nota ironica e afferma: «Ma dicevano: “Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo”» (Mt 26,5). Credono di avere tutto nelle loro mani, ma tutto accadrà proprio durante la festa, proprio quando essi avevano escluso che dovesse accadere.

Nelle mani di questi uomini, secondo quanto dice il racconto, c’è uno strumento: Giuda. Per Matteo Giuda diventa un «testimone dell’innocenza di Gesù» (cf. U. Luz), proprio contro gli stessi capi del popolo. Egli gettando le monete nel tempio non vuole nulla a che fare con la morte di Gesù e si suicida perché non riesce ad accettare la conseguenza della sua azione, di ciò che è accaduto.

Nella condanna e morte di Gesù arriva a compimento quella «la giustizia» che è stata annunciata in Mt 3,15, quella volontà di Dio, compimento della Torah, che Gesù non è venuto ad abolire ma a confermare. Davanti ad una giustizia umana corrotta e ingiusta (in Mt 26,59: si cercano dei testimoni falsi) sta il vero giudice che porta a compimento ogni giustizia. Anche il processo davanti a Pilato è una farsa e il governatore dei romani si piega alle usanze del luogo e libera Barabba. Pilato se ne lava le mani, non vuole avere nulla a che fare con la morte di Gesù. In tutti questi fatti, anche in Giuda stesso, che noi siamo sempre portati a credere la figura più negativa della passione, viene proclamato Gesù come il Giusto ingiustamente perseguitato e condannato.

Anche negli sconvolgimenti cosmici che accompagnano la morte di Gesù si può vedere una scena di giudizio. Quando sembrano gli uomini a «giudicare», in realtà è la morte di Gesù il vero «giudizio» del mondo. È quell’uomo che non salva se stesso che compie il giudizio del mondo, quell’uomo «giudicato» ingiustamente diventa l’elemento di giudizio del mondo. Davanti a lui nessuno può rimanere indifferente. Quell’evento scardina la nostra giustizia e ci mostra il volto pieno di quella «giustizia più grande» di cui si era parlato nel discorso della montagna. Quella «giustizia più grande», ha il suo parametro nella morte di colui che non salva se stesso e diviene salvezza per tutti. Non scendendo dalla croce egli compie ogni giustizia.

Un particolare interessante della passione secondo Matteo coinvolge un personaggio strano, che non troviamo negli altri Vangeli, la moglie di Pilato. Essa manda a riferire al marito, durante il processo a Gesù, un messaggio assai oscuro: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua» (Mt 27,19). Nel Vangelo di Matteo abbiamo già trovato dei sogni, all’inizio del racconto: sogni di Giuseppe e il sogno dei magi nei racconti dell’infanzia dei primi capitoli. Là si trattava di sogni «ascoltati», che fanno andare a avanti la storia. Giuseppe, ascoltando i sogni, che rappresentano la Parola di Dio e la sua volontà, fa andare avanti la storia, anche quando sembrava essere senza vie di uscita. Ugualmente i magi permettono alla storia di andare avanti perché ascoltano un sogno. Qui invece siamo davanti ad un sono «non ascoltato», una parola non udita e obbedita. È come se Matteo ci volesse dire che la Passione di Gesù è un sogno non ascoltato, un sogno negato. La Passione di Gesù, che oggi continua nella storia dell’umanità e nelle tante «passioni» che attraversano la vita degli uomini e delle donne, è il frutto di un mancato ascolto dei sogni, della Parola di Dio, del sogno di Dio. Sarà la fedeltà di Dio a superare, nella risurrezione, la sordità degli uomini e delle donne davanti al suo sogno, che nel suo Figlio si è rivelato.

Conclusione

La passione di Gesù mette in scena tanti attori che ruotano intorno a Gesù. Attraverso di loro ci viene mostrata la necessità di entrare in contatto con questo evento. La necessità di lasciarci «giudicare». Qui si svela il volto di Gesù, il volto di Dio e il volto della Chiesa, il volto dei discepoli di Gesù che sono chiamati (cfr. discordo missionario ed ecclesiale del Vangelo di Matteo) a farsi «continuatori» dell’opera e della missione di Gesù dopo la sua Pasqua. Ma questo essere continuatori della sua opera comprende anche come elemento essenziale la passione. Con lo stesso spirito di Gesù: non una realtà subita, ma scelta; non una vita strappata, ma donata. Queste sono solo alcune piste per metterci in questi giorni «decisivi» davanti alla passione di Gesù per giungere al luminoso mattino di Pasqua.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

 

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