Una Parola di carne


NATALE – Giorno

Is 52,7-10   Sal 97   Eb 1,1-6   Gv 1,1-18

Quante parole vuote, proferite con troppa leggerezza, pronunciamo e ascoltiamo su Dio, credendo di poter dire qualche cosa di Lui! Tante parole che non sono in grado di dire la Parola e che rischiano di svuotare Dio. Parole che, se ci fermassimo un attimo a riflettere, risulterebbero banali e insensate.

 Il Natale ci dice che c’è un’unica Parola capace di «dire Dio», un’unica via che Dio stesso ha scelto per potersi comunicare e raccontare all’umanità (cf. Gv 1,18): la carne, la vita, di Gesù. Natale è la rivelazione del lessico di Dio! È questo il senso dell’incarnazione, che abbiamo ridotto a una «verità di fede», perdendo di vista l’evento, dimenticando la vita. Il nostro Dio per raccontarsi all’umanità, per comunicarsi a noi, ha scelto una vita, un corpo, un volto, delle azioni, degli incontri, delle relazioni… qualcosa che si può udire, vedere, contemplare, toccare (cf. 1Gv 1,1). Dio si è rivelato a noi in Gesù, che «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del Male, perché Dio era con lui» (At 10,38). È questa la luce che rifulge nelle tenebre (cf. Is 52,7): l’annuncio che solo una «Parola di carne» può dire veramente Dio!

E questo annuncio è lontano da noi? No, «anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» (Dt 3014). Dio infatti anche oggi va in cerca di una «parola di carne» per potersi raccontare agli uomini e alle donne del nostro tempo. È la nostra vita che oggi, aderendo al Signore Gesù, può diventare quella «parola di carne», capace di raccontare di Dio e di cancellare tulle quelle parole vuote e logore che di lui non possono dire nulla. L’annuncio del Natale è questo: tu, oggi, unito a Cristo, puoi diventare una «parola di carne», capace di dire Dio ai tuoi fratelli e alle tue sorelle, che come terra assetata attendono di incontrarlo: ascoltarlo, vederlo, contemplarlo, toccarlo.

 Accogliamo oggi per noi questa Parola; alla tavola dell’Eucaristia noi ci nutriamo di quella carne che è capace di raccontare Dio, il corpo e il calice del Signore. Dice Agostino: «Coloro che mangiano la sua carne e bevono il suo sangue rimangono in lui ed egli in loro» (Om 27,11). Quando ci nutriamo del corpo e del sangue di Cristo non è lui a venire assimilato da noi, ma siamo noi che veniamo trasformati in lui, a rimanere in lui. «In lui» anche la nostra vita può diventare quella «parola di carne» capace di «dire Dio». È l’augurio del Natale: diventa anche tu «una parola di carne» che racconta Dio.

 Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

Share