Unità ecumenica sulla eucaristia: una predicazione quaresimale del card. R. Cantalamessa


pane-spezzato

Nella IV delle meditazioni di Quaresima, tenuta dal Card. Raniero Cantalamessa per la Curia Romana, e che si può ascoltare qui, è statata proposta una lettura sintetica, molto classica, della tradizione eucaristica, che tuttavia si è  contraddistinta per un intento ammirevole: ossia per il fatto di si essersi riproposta il fine di riconciliare in profondità quelle grandi differenze di tono e di linguaggio, che le tre tradizioni cristiane (cattolica, ortodossa e protestante) hanno vissuto spesso  come luogo e motivo di divisione, di scomunica e di conflitto, piuttosto che come ricchezza reciproca ed esperienza diversificata della medesima fede. La lettura proposta da P. Cantalamessa, sulla base della sua provata competenza patristica, è parsa guidata da un sicuro obiettivo: dimostrare che le tre diverse tradizioni sulla eucaristia, ognuna con le sue particolarità, può risultare decisiva per recuperare il profilo unitario e la ricchezza originaria della tradizione eucaristica.

Credo che si debba valorizzare la intenzione generale che ha guidato la riflessione: puntare sulle differenze come “ricchezza nella comunione”  e non come “minaccia della comunione”. Ciò appare tanto più importante per il fatto che il lavoro di armonizzazione delle diverse tradizioni, che P. Cantalamessa ha elaborato, si mostra basato su una esposizione sistematica dei temi guidata da una impostazione del tutto classica. Anzi, mi pare che proprio su questo piano la sintesi che è stata offerta della tradizione latina si sia limitata ad una analisi delle “fonti” (Ambrogio, Agostino, S. Tommaso e Trento) che risuonava decisamente ufficiale, restando dentro una “mens” che potremmo definire tipica della dogmatica tridentina, nella cui luce anche i Padri e gli Scolastici venivano sottoposti ad una interpretazione sostanzialmente convenzionale. Ma ciò non ha impedito al teologo di giungere ad una conclusione sorprendente quando ha suggerito, alla fine della presentazione della tradizione cattolica, di parlare piuttosto di “presenza eucastica” che di “presenza reale”.

A questo si è aggiunta una lettura illuminata sia della tradizione ortodossa, che valorizza il riferimento allo Spirito Santo, sia di quella protestante, che recupera il valore centrale della fede. La sintesi proposta permette il recupero di una unità sostanziale e profonda delle tre tradizioni, che ripensano, ciascuna nel rapporto con le altre due, ciò che in esse appare meno marcato e talora quasi messo in seconda linea.

Il risultato della bella predicazione, svolta con pacata eleganza di fronte a Papa Francesco e alla Curia, risulta tanto più rilevante se si considera che il predicatore ha quasi totalmente rinunciato ad una elaborazione sistematica della tradizione eucaristica. Certo, ha voluto sottolineare una “mens di comunione”, cosa che appare decisiva. E così ha saputo qua e là orientare sapientemente la lettura dei Padri e degli Scolastici verso esiti non conflittuali e non solo dottrinali.

Se però prendessimo alcuni passaggi decisivi del discorso e li sottoponessimo alla analisi che la tradizione teologica più recente ha offerto a temi come “res”, “segno”, “simbolo”, “forma” o “celebrazione”, potremmo vedere ulteriormente arricchito il grande lavoro di avvicinamento e di riconciliazione che P. Cantalamessa ha offerto nel suo fiero discorso. Alcune distinzioni, che nella predicazione appaiono decisive, sono forse più il frutto delle divisioni dell’ultimo millennio, che il vero oggetto di una esperienza ecclesiale. La stessa distinzione tra “realtà” e “simbolo”, che ha guidato in modo tanto deciso il discorso del predicatore, avrebbe forse richiesto una rielaborazione meno classica e più audace. Ma R. Cantalamessa è stato più audace nelle conclusioni che nelle argomentazioni. Però proprio l’orizzonte di riconciliazione, che il teologo ha saputo dischiudere in modo tanto forte, merita un apprezzamento sincero. Anche se, proprio per perseguire tale obiettivo, la teologia cattolica sarà inevitabilmente chiamata a rinunciare ad alcune distinzioni troppo rigide e ad introdurre altre distinzioni e altre attenzioni, più delicate e più veritiere. Solo rinnovando le categorie sistematiche che hanno strutturato il sapere teologico medievale e moderno, e che ancora pesano sul nostro linguaggio e sul nostro pensiero, sulla nostra prassi e sulla nostra teologia, potremo camminare in modo solido, sicuro ed efficace sulla via della comunione eucaristica con le altre confessioni cristiane, nella direzione indicata con giusta profezia dalle intense parole pronunciate da R. Cantalamessa nella sua predicazione quaresimale.

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