Vigilanza


I DOMENICA DI AVVENTO B

Is 63,16-17.19; 64, 1-7; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37

  

Introduzione

Vigilate! È la parola di Gesù con cui iniziamo questo tempo di Avvento. È l’ultima parola che Gesù lascia ai suoi discepoli e a tutti nel Vangelo di Marco nell’imminenza dei racconti della passione (Mc 13,37), prima del suo ingresso a Gerusalemme. È questa la parola che Gesù affida ai suoi discepoli per il tempo che essi dovranno vivere durante i «giorni duri» della sua passione (Mc 14,34.37.38), ma anche per tutto il tempo «dell’assenza dello sposo», dalla sua Pasqua fino al suo ritorno.

Nella prima lettura (Is 63,16-17.19;64,1-7) troviamo un accorato appello rivolto a Dio affinché «ritorni». Il profeta si appella a Dio in forza del suo comportamento nella storia: «tu sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro redentore». Se il brano del Vangelo è un invito alla vigilanza, quindi ad una disposizione che viene richiesta ai credenti, la prima lettura ricorda che c’è un’opera di Dio che precede tutto e che fonda la vigilanza: la sua fedeltà. Vana sarebbe la nostra vigilanza, se Dio non fosse da sempre nostro padre. La seconda lettura (1Cor 1,3-9) è un rendimento di grazie dell’Apostolo per l’opera di Dio nella vita della comunità che aspetta «la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo». La vigilanza «sino alla fine», la «saldezza» come la chiama Paolo, non è semplicemente il frutto dell’impegno dei credenti, ma è opera di Dio, per la quale occorre essere grati.

I tre testi della liturgia della Parola di questa prima domenica di Avvento dell’anno B concorrono a comprendere una parola fondamentale per la vita cristiana, che forse abbiamo in parte dimenticato, sebbene sia spesso sulle nostre labbra. Ripercorriamo allora il testo del Vangelo per comprende il messaggio della liturgia di questa domenica.

Commento

Il Signore che ritornerà nel brano evangelico di Marco è paragonato ad un padrone partito per un lungo viaggio il cui ritorno rimane sconosciuto ai suoi servi che nel frattempo devono custodire la sua casa. Partendo, il padrone ha affidato ai suoi servi una responsabilità: ad ognuno dei suoi servi il padrone ha affidato il suo compito. Ognuno ha un compito nella casa del padrone e nessuno si può sostituire ad un altro nello svolgimento della responsabilità affidatagli dal suo signore.

Il ritorno del padrone nessuno lo può prevedere. Si tratta di un tempo indeterminato, che non spetta a nessuno conoscere. Ogni servo deve fare il proprio dovere indipendentemente dal ritorno del padrone. Egli infatti può arrivare «alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino»! (Mc 13,35). Sono questi i riferimenti temporali che il racconto di Marco ci fornice. Ad una prima lettura questi i riferimenti temporali potrebbero sembrare semplicemente il rimando ad un tempo indeterminato. Potrebbero servire unicamente per sottolineare che nessuno sa quando il padrone di casa ritornerà. Tuttavia, se li leggiamo con attenzione nel contesto del racconto di Marco, queste «ore» della notte non sono casuali. Infatti, le ritroviamo identiche nel racconto della passione.

Il padrone potrebbe venire «alla sera» quando Giuda, uno dei suoi discepoli per denaro consegna Gesù nelle mani dei suoi avversari, di chi attenta alla sua vita (Mc 14,17). Il padrone potrebbe ritornare «a mezzanotte» nel cuore delle tenebre e dell’oscurità quando Gesù si troverà giudicato (Mc 14,60-62) dal sinedrio, davanti al sommo sacerdote. Il padrone di casa potrebbe venire «al canto del gallo» quando anche l’amico in cui confidava (Sal 40,10), Pietro, per tre volte lo rinnega e davanti agli uomini non lo riconosce (Mt 10,33)! Infine, il padrone di casa potrebbe ritornare «al mattino» quando i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, lo consegnano nelle mani di Pilato (Mc 15, 1), affidandolo ad un tribunale pagano (cfr. E. Bianchi, Il Vangelo di Marco, Qiqajon, Magnano (BI) 1984, 249). Come si vede queste indicazioni temporali che Marco elenca non sono altro che le tappe della passione di Gesù. La sua passione tuttavia non è unicamente quella storica che egli ha vissuto e che i suoi discepoli hanno attraversato. La sua passione continua nella storia dell’umanità. Così questa ultima parola di Gesù è diventata parola capace di interpretare ogni momento del presente dei suoi discepoli di tutti i tempi, che sempre «alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino» (Mc 13,35) corrono il rischio di tradirlo, di giudicarlo, di rinnegarlo, di condannarlo. Ecco la «vigilanza». Non è l’atteggiamento disincarnato di chi attende chissà quale venuta alla fine dei tempi del Signore, ma quello di chi sa discernere la sua venuta, la sua presenza nella passione che continua nella storia dell’umanità.

«Vigilate» non è quindi una parola da conservare gelosamente perché torni utile in un lontano futuro… ma è una parola che accompagna ogni passo della vita dei discepoli che camminano dietro il loro Maestro nel difficile tempo della passione e nel difficile tempo dell’assenza dello sposo, che è anche tempo dell’incontro, della perseveranza e delle fedeltà.

Conclusione

Questo grido di Gesù, che apre il tempo di Avvento non è affermazione di una semplice assenza, ma indizio di una presenza nascosta nelle sere, nelle notti, all’aurora, nelle mattine dei giorni dell’uomo. Una presenza che può diventare incontro – appunto Avvento! – perché «ora – ci dice la liturgia dell’Avvento – egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo… perché lo accogliamo!». È l’annuncio di questa prima parola d’Avvento, che è anche l’ultima parola lasciata da Gesù ai suoi discepoli. Parola che crea incontri nel tempo dell’assenza, parola che annuncia: «Dio non è là, “egli viene”, atteso fino all’ultimo giorno, sorprendendo sempre i desideri che lo annunciano» (Michel De Certau).

Ma in tutto questo noi non simo i soli protagonisti. L’attesa non è unicamente uno sforzo umano. Isaia ci dice che la venuta di Dio va invocata: è un dono da ricevere che si fonda sulla fedeltà di un Dio che è Padre. Paolo, d’altro canto, ci ricorda che solo il Signore ci può rendere «saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo». L’impegno della vigilanza nasce dal dono della fedeltà di Dio che è nostro padre, che non abbandona chi confida in lui. Solo se Dio squarcia i cieli – «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!», noi potremo essere vigilanti, per poterlo incontrare «alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino», nella passione del mondo, fino all’incontro con il Signore che viene!

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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