Munera 3/2021 – Mariachiara Fincati >> «Non abbandonarci alla tentazione». Il Padre Nostro riscritto

Con il giorno di Pasqua è entrata in vigore la terza edizione del Messale Romano. Adottato in molte parrocchie già a partire dall’inizio dell’Avvento 2020, il nuovo Messale ha introdotto, tra le altre cose, due modifiche alla preghiera del Padre Nostro. Testo biblico, prima ancora che liturgico (e liturgico ancor prima che biblico, si potrebbe dire), il Padre Nostro è – come si sa – la preghiera che Gesù stesso dà come modello, nel Vangelo secondo Matteo (Mt 6,9-13), da cui grossomodo proviene la forma liturgica, e in quello secondo Luca (Lc 11,2-4), dove la preghiera è più breve.

Due sono le modifiche apportate. La prima è l’avverbio “anche” anteposto a «noi li rimettiamo (i debiti) ai nostri debitori». È un’aggiunta dovuta, visto che l’avverbio è presente nell’originale greco e nella formula liturgica del Messale Latino. Ci sarebbe piuttosto da chiedersi come mai fosse stato omesso finora. Il senso tuttavia non cambia percettibilmente. En passant, va notato che il verbo, nella versione matteana, è un perfetto: «noi li abbiamo rimessi»; già nella Didaché, un Insegnamento risalente alla metà del II secolo, si trova però il presente, comune peraltro alla versione di Luca. È questo – o meglio, “era” questo – l’unico scostamento della forma liturgica dal testo matteano; scostamento peraltro impercettibile a chi non risalisse al greco, perché la traduzione CEI 2008, come già la precedente CEI 1974, ha il verbo al presente.

La seconda è la più scottante.

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