Papa-mobile: un fenomeno da meditare



Un caro amico, di fronte all’impatto della visita papale nella propria cittadina di provincia, mi ha mandato questo testo. E’ una riflessione preziosa su un “mass-media” trascurato: la “papamobile”

Sedia gestatoria, “Papa-mobile” o campana di vetro?
Esposizione pubblica e separazione sacra nella Chiesa di oggi

La forma assunta dal “passaggio” del papa in mezzo al popolo di Dio, a causa di diversi condizionamenti storici e culturali, ha trovato oggi sviluppi sorprendenti, ma carichi di interrogativi non facili.
Esaminiamo anzitutto il fenomeno: per spostamenti anche brevi, il papa usa un mezzo di trasporto assolutamente unico, costruito lentamente e coerentemente secondo una logica di progressiva specializzazione e definizione. Una autovettura, bianca e blindata, si trasforma, lentamente, in una sorta di sedia gestatoria, sulla quale il papa viene issato meccanicamente, avendo ai suoi piedi – seduti frontalmente, ma a più di un metro giù in basso, con la testa all’altezza dei suoi piedi – due stretti collaboratori. Non solo vi è la blindatura in vetro, ma il pontefice è seduto in alto, totalmente visibile, quasi incuneandosi in cielo.
Questa “macchina” suggerisce subito due considerazioni molto elementari. Esigenze di ordine pubblico sembrano imporre quasi in modo scontato che la presenza del papa in mezzo alla gente sia protetta adeguatamente da ogni possibile attacco o attentato. D’altra parte, la visione del papa risulta così ancora più facile di quanto sarebbe se egli camminasse direttamente davanti alla gente, che potrebbe vederne solo il capo o al massimo il busto. Dalle scarpe alla mitria, tutto ora appare perfettamente visibile, a ogni soggetto e da ogni angolazione.
Di qui derivano due considerazioni meno immediate, che vengono suggerite da questa singolare “composizione di luogo”.
Da un lato la totale visibilità del papa induce ad aumentare grandemente una centralità che risulta un poco imbarazzante. Ricordo bene la domanda che alcuni giornalisti ponevano ai giovani giunti a Colonia, citando il motto della GMG “Siamo venuti per adorarlo”. Essi chiedevano “Chi siete venuti ad adorare?”, e non pochi di quei ragazzi, imprudentemente chiamati “papa-boys” e così quasi indotti a rispondere erroneamente, effettivamente rispondevano “il papa”. Questo è un piccolo errore per i soggetti interessati, ma un grande problema per la chiesa. Se il papa non viene percepito come pienezza di trasparenza di Cristo, come radicale servizio ad un altro da lui, come “servo dei servi di Dio”, qui si apre una questione non piccola. La “esposizione pubblica” del papa, cioè la esposizione che il papa subisce per il fatto che siede sulla “papa-mobile”, costituisce la premessa per un “culto del papa” che è una eredità ottocentesca, con la quale non mi sembra prudente giocare oggi in modo troppo disinvolto. Da questo punto di vista Benedetto XVI non può essere in nessun modo confuso con Pio VII. La giusta memoria del secondo non impone affatto – ed anzi sconsiglia apertamente – di recepirne l’autocomprensione e le forme di culto.
D’altra parte, la stessa posizione di visibilità totale viene realizzata ed espressa attraverso una fortissima separazione. Il pontefice sta più in alto di tutti, intoccabile e inavvicinabile, grazie ad una specie di “turris eburnea”, o “campana di vetro”, che lo separa dal mondo e dagli altri, quasi ponendolo in una “teca”. Anche qui, la assunzione sacrale di una posizione da “santo” in processione, e non da pastore alla sequela del Santo e dei santi, mi pare un’altra questione assai delicata e piena di implicazioni non lineari.
Di fronte a questa condizione, verrebbe la tentazione di suggerire: sarebbe così azzardato pensare di poter fare a meno, di norma, della “papa-mobile”? Pur assicurando ogni forma di tutela, e non complicando troppo il lavoro delle forze dell’ordine, non sarebbe molto meglio uscire da questa forma di esasperazione della modernità comunicativa, e scegliere “ordinarie” macchine blindate e “ordinarie” altezze di trasporto? Gli effetti di distorsione del messaggio non sono in questo caso troppo superiori alle garanzie di sicurezza e alle comodità funzionali? E non vi è, in questa soluzione, il rischio che il “mezzo” “papa-mobile” sia simbolicamente un “medium” così forte da costituire il vero messaggio, senza lasciare più spazio a tutto quell’altro livello che, con parole misurate e puntuali, il papa continuamente esorta a considerare, a onorare e a lodare? Se anche Maria è solo “per altro”, come potrebbe il papa essere anche solo per un attimo “per sé”?
Per definire il Papa, Paolo VI una volta coniò una espressione singolare ed elegante, nella quale descriveva il papa come un uomo piccolo piccolo, inginocchiato ai piedi di un enorme crocifisso. Non vorrei che a causa della papa-mobile – ma anche mediante i troni, i pizzi e gli altri arredi riesumati novissime da sacrestie ottocentesche – arrivassimo a vedere, e addirittura a desiderare, folle inginocchiate di fronte a papi enormi, nuovamente alzati fino al cielo, di fronte a piccoli crocifissi, senza forma e senza forza.

Giovanni Battista Gheri

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