Dubia riformulati e ipotesi di risposta: tre sì e tre no


La formulazione di “dubbi” da parte di 5 cardinali e la inattesa risposta del papa (tutto questo è accaduto nel mese di luglio) è divenuto un fatto di pubblico dominio dopo che i 5 cardinali, ai primi di ottobre, dichiarandosi insoddisfatti di risposte troppo ampie, hanno riformulato in modo più secco le 5 domande, per ottenere un chiarimento altrettanto “secco”: ossia pretendendo dal papa un sì o un no. Diversi teologi hanno commentato le domande e le risposte. Prendo solo due valutazioni che ritengo importanti: da un lato G. Borghi ha sottolineato come la evoluzione delle domande mostri una teologia molto fragile (cfr. https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/ragionando-sui-dubbi-dei-cardinali/ ), e d’altra parte G. Lorizio ha notato che le questioni sollevate meritano una risposta fondata sul lavoro teologico, che viene direttamente chiamato in causa (https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/tra-principi-dottrinali-e-cura-pastorale-delle-persone-la-via-per-sciogli). Vi è una teologia delle domande e una teologia delle risposte, che merita di essere meditata e sottoposta ad analisi. Per questo provo a formulare qui 5 risposte “secche”, in direzione dei desiderata dei 5 cardinali, valorizzando al massimo il contenuto delle risposte papali, ma elaborando una linea di riflessione suggerita dal lavoro teologico contemporaneo. Ovviamente il “sì” o “no” (affirmative o negative) viene accompagnato da una breve argomentazione, come è di uso comune. Questi nuclei argomentativi riposano su una elaborazione teologica scaturita dal Concilio Vaticano II.

1) E’ possibile che la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale, sia da parte del Papa ex cathedra, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo (cf. Lumen Gentium 25)?

Negative. Lo sviluppo della dottrina e della disciplina ecclesiale implica che la sostanza del depositum fidei rimanga sempre la medesima, mentre può mutare anche sensibilmente la formulazione del suo rivestimento. Ciò implica che, in settori particolarmente delicati, la apparenza della contrarietà si riveli come sviluppo, mentre la apparenza della continuità si mostri come rottura. Ad es. si possono citare alcuni casi di “sviluppo” che erroneamente possono essere intesi come rotture: le dottrine sulla libertà di coscienza, sulla messa privata, sul primato della verginità rispetto al matrimonio, sulla sacramentalità dell’episcopato e sulla comunione come “uso del sacramento”. Le nuove affermazioni non sono “dottrine contrarie”, ma forme approfondite e più adeguate della medesima sostanza dottrinale, che la Chiesa custodisce in uno sviluppo vivente. Lo sviluppo implica cambiamento, per la natura come per la grazia.

2) E’ possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio? Legato a questo dubium è necessario sollevarne un altro: continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia?

Affirmative alla prima sotto-questione. L’atto di benedizione riconosce un bene possibile, senza confondersi con un atto sacramentale. La distinzione classica tra sacramento e sacramentale è qui preziosa e quando viene dimenticata crea confusione. Per questo è possibile benedire tutti coloro che nella relazione affettiva sperimentano un bene, per quanto parziale esso sia. D’altra parte, se la relazione personale e sessuale non è semplicemente un atto, ma un processo che implica un cammino, identificare la oggettività del peccato solo in un atto puntuale è, secondo AL 303 un modo “meschino” di giudicare la volontà di Dio, appiattendola sulla legge oggettiva. Rispetto a questa ipotesi di “massimalismo”, le circostanze restano del tutto decisive per valutare la concreta possibilità della benedizione.

Negative alla seconda sotto-questione. La identificazione tra morale e diritto, di origine paolina, non permette di sovrapporre perfettamente volontà di Dio e legge oggettiva. Perciò non ogni relazione giuridicamente illegittima risulta sempre anche moralmente illegittima. E tra consenso e consumazione non vi è solo una relazione lineare.

3) il Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma e che include solo una rappresentanza scelta di pastori e di fedeli, eserciterà, nelle questioni dottrinali o pastorali su cui sarà chiamato ad esprimersi, la Suprema Autorità della Chiesa, che spetta esclusivamente al Romano Pontefice e, una cum capite suo, al Collegio dei Vescovi (cf. can. 336 C.I.C.)?

Affirmative. Le forme con cui la suprema autorità della Chiesa viene esercitata prevedono anche il processo sinodale, il cui valore non è immediatamente normativo, ma lo diventa per mediazione della autorità papale. Perciò è possibile affermare che, in modo non immediato, il Sinodo dei vescovi partecipa alla definizione dell’esercizio della Suprema Autorità ecclesiale e concorre al suo arricchimento e alla sua più piena articolazione.

4) La Chiesa potrebbe in futuro avere la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, contraddicendo così che la riserva esclusiva di questo sacramento ai battezzati di sesso maschile appartenga alla sostanza stessa del Sacramento dell’Ordine, che la Chiesa non può cambiare?

Affirmative. La riserva maschile costituisce una interpretazione legittima, ma non univoca, sia delle azioni di vocazione del Signore, sia della prassi secolare della chiesa. Altrettanto discutibile è la identificazione del sesso maschile come parte della “sostanza” del sacramento. Piuttosto è utile considerare il sesso femminile come possibile, ma non necessario, impedimento alla ordinazione. Qualora le ragioni che hanno sostenuto la qualificazione di impedimento vengano a cadere, la Chiesa, in piena coerenza con la tradizione viva, può interpretare la volontà del Signore non come favorevole, ma come contraria alla riserva maschile. La stessa posizione più recente del magistero, avendo rinunciato a spiegare teologicamente la propria decisione, e fondandola semplicemente su una prassi molto antica, ma non essendo di per sé un atto infallibile, potrebbe essere superata di fronte ad una nuova evidenza della “mulier in re publica”, la cui autorità non dovrebbe più essere sminuita o screditata. Non si tratterebbe di contraddire il magistero precedente, ma di non contraddire la riconosciuta autorità femminile, di cui l’intera cultura (non cristiana e cristiana) si è accorta troppo tardi.

5)Può ricevere validamente l’assoluzione sacramentale un penitente che, pur ammettendo un peccato, si rifiutasse di fare, in qualunque modo, il proposito di non commetterlo di nuovo?

Negative. Non esiste alcuna possibilità di “riconoscere un peccato (grave)” e ricevere la assoluzione senza il proposito di non commetterlo di nuovo. Questo, tuttavia, sposta la questione del “dubium” sulla formulazione della domanda con cui viene proposto: se si ipotizza un difetto strutturale tra confessione, contrizione e penitenza, come atti di un penitente “contraddittorio”, si pone una questione vuota. E’ come chiedersi se riceve validamente la cresima un giovane che non vuole essere cresimato. Piuttosto occorre una diversa collocazione delle “forme di vita” nell’ambito della valutazione morale della Chiesa. Qualora, infatti, ci siano orientamenti o azioni che possono essere riconosciuti come “naturalmente fondati”, essendo stato approfondito il giudizio della Chiesa su di essi, non ci sarebbe più una fattispecie peccaminosa da confessare e non sarebbe richiesto un proposito di conversione. L’esercizio ecclesiale della misericordia non avviene solo per “assoluzione”, alle dovute condizioni, ma anche mediante la predisposizione di nuove categorie di comprensione del comportamento umano, che possono e debbono maturare alla luce del Vangelo e della esperienza umana.

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