Il Sinodo dei Negri e dei Pell. Papa Francesco e i nervi scossi della Chiesa “senza uscite”.


sanpietro 

Quasi nello stesso giorno, per vie molto diverse, giungevano al livello della comunicazione pubblica – ossia sui giornali e sui media – due espressioni interessanti della “recezione” che del Sinodo dei Vescovi vorrebbero proporre Vescovi e Cardinali “preoccupati dal fenomeno Bergoglio”.

Il caso più clamoroso è quello dell’Arcivescovo di Ferrara Luigi Negri, che si sarebbe lasciato andare a espressioni molto pesanti e ad insinuazioni gravi sulla persona stessa di papa Francesco, oltre che su alcuni dei nuovi membri del collegio episcopale (in particolare sui nuovi arcivescovi eletti di Bologna e di Palermo). Ad attenuare il caso non aiuta la fama piuttosto imbarazzante circa il “linguaggio” di Mons. Negri, non raramente incline ad un uso non proprio “pulito” della parola. La cosa grave, tuttavia, al di là dei “virgolettati” attribuiti, riconosciuti o negati, è nell’approccio “senza misericordia” alla realtà ecclesiale.

D’altra parte io credo che si debba riconoscere, molto onestamente, che la posizione di Mons. Negri è quasi obbligata, come appare dalla forma con cui ha ripetutamente cercato di smentire il fatto di cui è accusato. Per chi sostiene una “obbedienza totale” al Papa, in caso di dissenso profondo con il vescovo di Roma, sembra non restare altro che la via “naturale” per risolvere il dissidio. Negri affronta il rapporto con il Papa come alcuni suoi colleghi pretendono di affrontare i problemi del matrimonio. O ex nullitate (invalida elezione, cfr. Socci) o … mortis causa! Non si dà vera alternativa ad una lettura ideologica del papato, come del matrimonio. Non esiste storia o dialogo, coscienza o “sinodo”, ma solo essere o non essere. Luigi Negri, insomma, va apprezzato per la coerenza con cui applica la tradizione della “dottrina ontologica matrimoniale” anche al papato. In tal modo dimostra quanto sia urgente riformare la prima come la seconda. E di questo deve essere pubblicamente – o almeno ecclesialmente ringraziato – per il servizio di chiarezza che reca al dibattito in corso. Dopo le sue parole, i dubbi sulle esigenzae di riforma – del matrimonio come del papato – sono quasi totalmente scemati.

Un’altra strada, invece, percorre il Card. Pell. Come già ha fatto in altre occasioni, durante e subito dopo il Sinodo, egli cerca non la contrapposizione, ma la lettura “indifferente” delle parole di Francesco. Usa, in altri termini, la strategia “sofistica” con cui il Card. Erdo, parlando in piedi a 5 centimetri dal papa Francesco seduto, in apertura del Sinodo ordinario, continuamente lo citava, anche guardandolo in volto, per dire esattamente il contrario!

Così fa anche Pell, che ha tenuto di recente la sua omelia a S. Clemente, il 23 novembre u.s., nella festa della antica basilica. Quel testo è esempio illustre di una recezione “immunizzante” del Sinodo. Secondo questa lettura – preparata da un vero “sproloquio” non solo su Francesco, ma anche su Benedetto XVI, al quale si attribuisce addirittura un discredito dell’Islam, cosa che non risulta affatto dal famoso Discorso di Ratisbona – il Sinodo ha semplicemente confermato la dottrina classica, punto e basta. E non è difficile cogliere, nelle parole finali di questo testo, il timore verso il “nuovo testo” che Francesco pubblicherà, come punto finale di tutto il percorso sinodale. Qui non siamo di fronte a “congetture giornalistiche”, ma a un “testo ufficiale”, dove si legge:

“Alcuni hanno voluto dire, sul recente Sinodo, che la Chiesa è confusa e confusionaria nel suo insegnamento sulla questione del matrimonio. Non è questo il caso. La dottrina della Chiesa su sessualità, matrimonio e famiglia continua ad essere basata sull’insegnamento proprio di Gesù circa l’adulterio e il divorzio; l’insegnamento di San Paolo sulle disposizioni adeguate per ricevere la comunione resta fondamentale sulla controversa questione dell’impossibilità di dare la comunione anche ai divorziati civilmente sposati. Una tale “possibilità” non è nemmeno citata nel documento sinodale. Ora attendiamo l’esortazione apostolica del Santo Padre, che esprimerà ancora una volta la tradizione essenziale della Chiesa e sottolineerà che l’appello al discernimento e al foro interno può essere utilizzato solo per comprendere meglio la volontà di Dio, come insegnato nelle Scritture e dal 3 magistero, e non può mai essere utilizzato per disprezzare, distorcere o confutare l’insegnamento stabilito dalla Chiesa.”

In queste parole si concentra una paura, una presunzione e una pressione: paura che la realtà diventi significativa per la Chiesa; presunzione che la Chiesa possa evitare di uscire incontro al reale e pressione perché Francesco possa “salvare” questi cardinali dalle “pericolose novità” e condannare la Chiesa a chiudersi ancora una volta nella proprio autoreferenzialità, con aria viziata e senza uscite, neppure di emergenza!

A questo testo replica, con chiarissima lucidità, la risposta che papa Francesco ha dato a una radio portoghese, nello scorso settembre.

Se uno nella propria casa tiene chiuso un locale, una stanza per molto tempo, si formano umidità, muffa, cattivo odore. Se una chiesa, una parrocchia, una diocesi, un istituto, vive chiuso in se stesso, si ammala. Gli succede lo stesso che alla stanza chiusa. E allora abbiamo una Chiesa rachitica, con norme fisse, senza creatività, sicura, o meglio più che sicura assicurata, con una compagnia di assicurazioni, ma non sicura.
 Invece se uno esce — una Chiesa, una parrocchia — esce a evangelizzare, può accaderle lo stesso che accade a qualsiasi persona che scende in strada: può avere un incidente. Allora, tra una Chiesa malata e una Chiesa incidentata, preferisco quella incidentata perché per lo meno è uscita. Voglio ripetere una cosa che ho già detto in un’altra occasione: nella Bibbia, nell’Apocalisse, c’è una bella immagine di Gesù dove parla a una Chiesa e le dice: «Ecco sto alla porta e busso».
 Gesù sta bussando. «Se qualcuno mi apre, io verrò da lui, cenerò con lui». Ma io mi domando: quante volte, nella Chiesa, Gesù bussa alla porta, ma dal di dentro, perché non lo lasciamo uscire ad annunciare il Regno? A volte ci appropriamo di Gesù e ci dimentichiamo che una Chiesa che non è una Chiesa in uscita, una Chiesa che non esce, tiene Gesù prigioniero, imprigionato."

 

 

 

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