Il “volto” della prova…


I Domenica di Quaresima – C

Dt 26,4-10; Rm 10,8-13; Lc 4,1-13

Quando il tentatore lascia Gesù, Luca afferma che aveva terminato ogni specie di tentazione (Lc 4,13). Nei quaranta giorni passati da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo si concentra ogni tipo di tentazione: la sua esperienza racchiude in sé ogni prova che Israele e l’umanità hanno sperimentato e sperimentano nella loro storia. Gesù apre la sua missione con ciò che fa parte della vita di ogni uomo e donna. Dio ha condotto Israele nel deserto per provare ciò che aveva nel cuore (Dt 8,2). All’inizio del suo ministero Gesù compie la stessa cosa e vive la medesima esperienza, per provare cosa portava nel cuore, per rivelare il suo cuore di figlio. Ugualmente anche noi, nell’itinerario quaresimale, sacramento dei suoi quaranta giorni nel deserto, siamo condotti nel deserto per provare (discernere) ciò che abbiamo nel cuore. Ecco la finalità di questo tempo liturgico: “provare il cuore” per discernere cosa in noi è lontano da Dio e lasciarlo “riconciliare” dal lui.

Nelle tre “prove” di Gesù sono sintetizzate le prove di ogni uomo e donna che vive sulla terra; in esse viene descritta la radice di ogni prova. La prima tentazione è legata al pane. Anche Israele ha affrontato questa prova nel deserto. La prima tentazione tocca quindi l’uomo nel suo rapporto con il cibo, con le cose, con i beni: la tentazione consiste nel mettere al primo posto questi beni quasi fossero gli unici.

Nella sua risposta Gesù afferma, citando le Scritture, che l’uomo non vive solo di pane (Lc 4,4). È una citazione di Dt 8,3, che Luca – a differenza di Matteo – riporta solo nel suo incipit. Ma tutto il testo di Dt 8,3 afferma: «l’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di ogni parola che procede dalla bocca di YHWH». La vita non si trasmette unicamente attraverso il cibo e i beni materiali, la vita si trasmette tramite la parola/Parola. Anche il rapporto con Dio esige di tener presente questa esperienza, ma essa è prima ancora la più concreta esperienza di ogni uomo che viene alla luce: egli non sarebbe uomo, se qualcuno non gli avesse donato una parola.

La seconda tentazione è legata la potere. Tocca l’uomo nel suo rapporto con gli altri. Il tentatore propone a Gesù un rapporto con gli altri basato sulla sopraffazione. Questo tipo di rapporto con gli altri è strettamente legato all’idolatria. Si comporta così chi diventa adoratore del tentatore. In fondo, questo significa essere adoratori di se stessi. L’idolo infatti non è altro che la proiezione di noi stessi: non noi ad immagine di Dio, ma dio a nostra immagine.

A questa tentazione Gesù risponde rimandando al rapporto con Dio come unico Signore. Quando l’uomo ha Dio per Signore l’altro non è mai qualcuno da dominare, non è mai una minaccia. L’uomo ha sempre bisogno di un signore a cui affidarsi. Se non è YHWH, ma un idolo il signore dell’uomo, questi diviene inevitabilmente schiavo di se stesso e oppressore degli altri.

La terza tentazione è legata al rapporto con Dio. Non propone a Gesù di negare il suo rapporto con il Padre, anzi sembrerebbe suggerirgli un comportamento in grado di rafforzare tale rapporto. In realtà, il suo suggerimento va nella direzione di un rapporto con Dio “pervertito”. Un rapporto che trasforma YHWH stesso in un idolo. Il tentatore chiede infatti a Gesù di compiere un gesto che obblighi Dio a venire allo scoperto. È la tentazione di mettere Dio alla prova (nella risposta di Gesù si usa proprio lo stesso verbo, peirazo). Egli dovrebbe chiedere a Dio garanzie della sua esistenza e della sua vicinanza.

Ma anche questa tentazione teologica viene respinta da Gesù. Egli cita Dt 6,16 dove appunto si chiede di non tentare Dio. Gesù afferma che il suo rapporto con il Padre non è basato su automatismi di tipo magico, ma proprio sulla logica Padre/Figlio, chiamata in causa dal tentatore stesso: se sei Figlio…

Per trovare una chiave di lettura di queste tre tentazioni, che sintetizzano ogni prova, dobbiamo lasciarci guidare la Luca stesso. In Lc 4,13, al termine di questo episodio, l’evangelista afferma: «E, quando il diavolo ebbe finito ogni tentazione, si allontanò da lui, fino ad un certo tempo». Quando sarà questo «certo tempo», o questo «tempo opportuno»? Certamente quando Gesù sarà sulla croce! Lì infatti, per tre volte (come le tentazioni), tre categorie diverse di persone (capi, soldati, malfattori) gli porranno nuovamente la domanda: «se tu sei il Messia, il Re dei giudei, salva te stesso!» (cfr. Lc 23,35-40). In questa occasione, in questo «tempo opportuno», la risposta di Gesù alla prova non sarà né a parole, né attraverso citazioni delle Scritture, ma nel silenzio di chi vive fino in fondo ciò che ha proclamato con gesti e parole per tutta la vita. I tre interventi lasciano quasi intravedere un ordine inverso rispetto alle tentazioni di Lc 4,1-13. Qui la triplice tentazione consiste però nella stessa espressione: «salva te stesso»: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso se è il Cristo di Dio, l’Eletto»; «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso»; «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». Questa è la tentazione fondamentale! Nella sua predicazione sulla sequela, Gesù aveva detto: «chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà» (Lc 9,24). Questo insegnamento di Gesù ai suoi discepoli è anzitutto ciò che egli per primo a vissuto: la scoperta che si salva la vita donandola, e la si perde cercando di salvarla a scapito di un rapporto più vero e autentico con le cose, con gli altri e con Dio.

Da questo percorso attraverso le tentazioni, possiamo cogliere qualcosa del sacramento dei quaranta giorni che stiamo vivendo. Questi “nostri giorni” sono immagine dei “suoi giorni”, le sue tentazioni il volto delle nostre: e noi in Lui possiamo superare ogni prova!

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