Kasper: di Amoris Laetitia è possibile parlare serenamente (di M. Gallo)


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In un breve ma incisivo volumetto, il card. W. Kasper, a due anni dalla pubblicazione di AL, propone una lettura della Esortazione Apostolica pacata, amichevole, fraterna, aperta, serena. La portata del testo viene ricondotta ad una continuità dottrinale in un cambiamento di paradigma disciplinare. Marco Gallo ci offre qui una puntuale rilettura del testo, che ne valorizza i passaggi più rilevanti e ne illustra il procedimento argomentativo. Per stare nella “gioia” del magistero di Francesco, sembra dire Kasper, è fondamentale un approccio “freundlich”, amichevole,  fraterno. Un testo che si stacca notevolmente dalla maggior parte degli interventi finora intervenuti nel dibattito. E sul quale avremo modo di ritornare, per valorizzarne ulteriormente alcuni snodi fondamentali. Grazie a M. Gallo per la recensione complessiva e accurata che qui ce ne offre.

Kasper: di Amoris Laetitia è possibile parlare serenamente

 di Marco Gallo

Su Amoris Laetitia si può ancora scrivere oggi in modo sereno, cordiale (freundlich)? In un libretto ordinato e dal tono disteso, uscito a quasi due anni dalla pubblicazione di AL, il cardinal Kasper offre il suo contributo prezioso alla recezione dell’esortazione apostolica (W. Kasper, Il messaggio di Amoris Laetitia. Una discussione fraterna, Queriniana, GdT 406, Brescia 2018). L’autore mostra di essere profondamente al corrente delle “querelles” in atto, ma assume una postura diversa, essenziale. Per cogliere, infatti, il centro di AL è indispensabile riguadagnarne lo specifico che è la gioia per una possibile sfida ricca di futuro, e non perderlo “per un’ostinata discussione limitata all’unica frase di una nota, che con la buona volontà si potrebbe comprendere correttamente” (p. 71).

Nella traduzione italiana, per Queriniana, si preferisce nel sottotitolo interpretare l’aggettivo “amichevole” dell’originale tedesco, rendendolo correttamente con il tema della fraternità: si può affrontare una disputa serena, perché è tipico della fraternità il confronto anche difficile in alcuni momenti storici di discernimento sinodale. Per questo, nella fraternità del processo in atto oggi, “non c’è alcuna ragione di allarmarsi particolarmente” (p. 17).

La struttura del discorso.

La riflessione si struttura in cinque capitoletti che permettono di leggere tutto il processo, in cui AL è collocata dentro una chiara continuità con la tradizione ecclesiale. Nel primo capitolo si recupera una concezione viva di Tradizione ed ampia di magistero (Comunione in cammino di una chiesa in cammino). La stessa espressione (cammino) permette una brillante sintesi del magistero sul matrimonio di Papa Francesco nel secondo capitoletto (Matrimonio e famiglia come cammino, pastorale del matrimonio come accompagnamento). Con questa chiave, si riassume poi la lettura del sacramento del matrimonio contenuta in AL, nel terzo capitolo (Matrimonio e famiglia nel segno dell’alleanza di Dio con gli uomini). Al discusso capitolo VIII di AL è dedicato il n. 4 (Le situazioni dette irregolari). L’ultimo capitoletto di appena tre pagine (Spiritualità del “sempre di più” nel matrimonio e nella famiglia)rilancia la proposta di andare oltre la polemica, cogliendo AL per ciò che intende essere: un kairós di nuova gioia nella Chiesa, in continuità con i progetti dei predecessori di Francesco.

Riattivare la gioia di leggere AL

Le dispute sono utili, perché traducono passioni, legami, percezioni. In esse tuttavia, può succedere che si perda di vista ciò che aveva mosso i processi in precedenza. In particolare, per AL era stato accolto con gioia sin dall’inizio il suo linguaggio accessibile, incoraggiante, inclusivo – che le discussioni ora oscurano. Kasper riallaccia il discorso a partire dal cambio di paradigma scelto da Francesco per il Magistero. Il servizio magisteriale, prima di essere un ministero di insegnamento, è un “ministero dell’ascolto” (p. 12): prima di affermare, ha ascoltato (sondaggio pre-sinodale) ed intende conservare sempre questo primato dato all’ascolto della realtà, della Parola, delle storie inedite dei singoli e delle coppie. Se la Tradizione della Chiesa non si esprime solo nei documenti normalmente inaccessibili, essa è viva nella liturgia e nel fiuto dei fedeli (sensum fidelium): la “frattura” emersa tra dottrina della chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e la vissuta convinzione di fede di un gran numero di cristiani ha spinto a una nuova parrhēsía umile nella discussione dei due sinodi, avendo consapevolezza di trovarsi di fronte a un tema vitale per la chiesa e per il mondo. Il testo scritto dal Papa assume, senza ridurlo di un millimetro, quanto è emerso dai vescovi, tessendo una riflessione accessibile, ricca dal punto di vista spirituale (in particolare il capitolo IV di AL “il più bello di tutto lo scritto” p. 45), spendibile in campo pastorale. AL non si conclude, fa notare Kasper, con il capitolo sulle situazioni dette irregolari, ma con il capitolo IX, sulla spiritualità nel matrimonio e nella famiglia. Questo mostra senza dubbio che il testo ha a cuore il servizio alla tensione di tutti per andar oltre i limiti attuali, in uno stimolo costante, non in un’epoca di confitti fatali, ma di nuova gioia nella chiesa (p. 71).

Tommaso irrora AL

Se il lettore pone attenzione alle fonti dell’esortazione apostolica, non gli sarà difficile notare la massiccia presenza di Tommaso, della sua antropologia, in particolare della lettura tomista sul rapporto tra situazione e peccato. Proprio su questo crinale, Tommaso distingueva il giudizio della severità (severitas) dal giudizio della misericordia (misericordia): la prima guarda ad un’ideale astratto dell’uomo, mentre la misericordia alla condizione concreta, in cui la giustizia della legge non è negata, ma riletta a partire dall’asserto teologico dell’unicità di ogni persona (p. 30). La legge, della cui universalità e possibilità Tommaso ovviamente non dubita, non è mai applicata alla vita singolare per deduzione o logica, ma solo grazie all’esercizio pratico della virtù di prudenza, dono della misericordia di Dio, come coscienza della situazione (p. 61). In questo senso è Dignitatis humanae, il documento conciliare sulla libertà religiosa, a trovare in AL lo sviluppo più chiaro proprio sulla scorta delle categorie tomiste. Il compito della chiesa è formare le coscienze, perché siano avvisate e possano scegliere, non sostituirsi ad esse. “Non si tratta di una novità, ma di un rinnovamento sulla base del ripensamento dell’originaria tradizione tomistica non limitata alle posizioni del neotomismo” (p. 67). La base teologica di AL si scopre quindi più classica del previsto.

Il vero cambiamento di paradigma non è sulla dottrina del matrimonio, ma sulla prassi ecclesiale

I capitoletti terzo e quarto del volume di Kasper mostrano con una certa efficacia come la lettura del sacramento del matrimonio non trovi in AL, né nel magistero di Francesco, nessun cambiamento rispetto al Concilio (foedus, alleanza p. 35) ed al Catechismo della Chiesa Cattolica. A mutare sono le prospettive, i paradigmi che si fanno funzionare rispetto al compito della teologia morale e della pratica ecclesiale. In essa la famiglia non è oggetto di cura, ma una delle forme ecclesiali (chiesa universale, locale, domestica) soggetto dell’evangelizzazione. L’essere umano a cui ci si rivolge non è mai un essere in generale (che non esiste), ma una persona in una concreta situazione esterna ed interna (p. 66), da rispettare nella sua dignità ogni volta unica.

Si nota come AL rigetti totalmente definizioni nuove nella forma ideologica della teoria del gender (“in fondo si tratta di teorie neognostiche ostili al corpo” p. 38), pur riconoscendo che accanto alle forme ideologiche “ci sono forme delle ricerca gender da prendere sul serio, forme di ricerca che si interrogano sulle caratteristiche sociali e culturali del rapporto tra uomo e donna. AL quindi non può definire il matrimonio diversamente da ciò che la Parola offre, ma rimane aperta per continuare una seria riflessione. Anche il tema dell’indissolubilità è ricompreso nell’esortazione post-sinodale, con la stessa dinamica dell’allargamento dei contesti e non con la ripetizione del depositum. Se il vincolo matrimoniale è un dono, è la fedeltà la parola biblica nella quale si può ribadire il senso teologico della dottrina della chiesa. E della fecondità, tema aggravato “da parecchi conflitti interni alla chiesa” (p. 47), si ribadisce il legame intrinseco con il sacramento, in una argomentazione in cui si ha l’impressone che “anche il non detto dica qualcosa”.

Così avviene anche per i “tre criteri di discernimento” indicati per l’ascolto e l’accompagnamento delle coppie in nuova unione (pp. 55-61); neppure qui c’è un cambiamento di dottrina sacramentaria. La concezione cristiana di matrimonio non è mutata (AL 250 ss.): nel primo criterio di discernimento si va alla ricerca tuttavia di tutti gli elementi del matrimonio che, pur imperfetti, si possono trovare in queste situazioni. Nel secondo criterio si distingue il comandamento oggettivo e la dimensione soggettiva che per natura è propria dell’azione morale. In questo ambito è necessario chiedersi se la coscienza sapeva riconoscere la negazione del comandamento divino, se aveva deliberatamente deciso di trasgredirvi, ma mai si confonde una nuova unione con una forma ideale di relazione cristiana di coppia. Il terzo criterio è il principio tomista dell’applicazione prudenziale della norma generale nella situazione concreta: non si può concludere che ogni coppia in nuova unione debba essere reintrodotta alla vita sacramentale.

Rileggere la nota 351 alla luce del Decreto di Trento sull’eucaristia

Solo in un’ottica serena di continuità con la tradizione si può ben comprendere la famosa nota 351 del capitolo VIII di AL. Ha buon gioco Kasper a mostrare che se non fosse così, sarebbe stato incomprensibile voler parlare di questa eventualità in una nota. Riprendendo il filo del discorso, invece, risulta convincente il fatto che, non volendo creare una nuova casistica universale (AL 3 e 304), non si è impegnato il Magistero in una formulazione diversa, ma ciò che è affermato risulta la conseguenza dei principi che chiaramente sono esposti in tutto il capitolo VIII.

Occorre invece recuperare la dottrina eucaristica del Concilio di Trento. “L’inquietudine che è nata per questa nota è poco comprensibile in considerazione del Decreto del Concilio di Trento sull’eucaristia” (p.63). Trento (DH 1638) afferma infatti che l’Eucaristia è una medicina che libera dai peccati quotidiani e preserva dai peccati gravi. Al canone corrispondente (DH 1655) la questione è addirittura rafforzata. Se è così, in foro interno è quindi possibile discernere con il penitente di quale peccato si tratti, non solo in senso oggettivo, ma anche considerando quanto la coscienza fosse formata, l’intenzione, le condizioni. Se il peccato risulta quindi veniale, la persona può essere assolta e ammessa all’Eucaristia, che sarà medicina per un cammino di crescita. Non si tratta di una nuova casistica: nel discernimento non sempre emergerà una situazione in cui i sacramenti sono medicina, ma contraddizione, così come si è sempre affermato. Altre volte, invece, le condizioni appariranno compatibili con la pratica sacramentale. Francesco si muove così nella più schietta continuità con quanto affermava Familiaris Consortio 84, parlando dell’obbligo di discernere le situazioni, precisando ulteriormente i criteri per un accompagnamento pastorale. Ciò che Benedetto ha proseguito, era doveroso che fosse ulteriormente specificato, allargando i paradigmi, come detto, ad un compito ecclesiale sinodale mai ancora così chiaramente attivato.

Conclusione

Il lavoro di Kasper riporta utilmente lo sguardo su AL e non su ciò che ostinatamente da essa è nato. Amoris Laetitia è stata voluta come un testo capace di diffondere “un liberante messaggio sulla gioia dell’amore”. Con un gioco di specchi, si potrebbe dire che il libretto del Cardinale è certamente frutto di discernimento: più che sostenere la disputa che egli sarebbe certamente stato in grado di rilanciare, è parso necessario riguadagnare urgentemente il linguaggio fraterno, sereno, scelto da chi ha scritto il testo dell’Esortazione post-sinodale. Più del resto, una tale postura permetterà di non guastare tanti preziosi guadagni di AL, che da due anni già stanno agendo nella vita della Chiesa.

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