“La Chiesa sa la strada. La Chiesa la trova”: Huenermann e Sequeri per l’ultima settimana di Sinodo


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In vista dell’ultima parte del percorso del Sinodo, può essere utile mettere in relazione la elaborazione del documento finale – mediante tutte le procedure necessarie del caso – con due testi prodotti da autorevoli teologi negli ultimi mesi. Quasi un “consiglio di lettura” per seguire con maggior ampiezza e profondità il lavoro che aspetta i Vescovi nei prossimi giorni. Vorrei proporre alla riflessione alcune delle affermazioni principali che si trovano in questi due importanti testi di P. Huenermann e di P. Sequeri.

 – Huenermann e i “cent’anni di inquietudine” sul matrimonio

Il primo testo – presentato dal prof. Huenermann nel contesto di un Convegno organizzato da INTAMS a Roma nella seconda settimana di settembre – è appena stato pubblicato dalla rivista “Il Regno” (8/2015, 553-560) e propone una potente rilettura della tradizione cattolica sul matrimonio dell’ultimo secolo. Il documento intorno a cui ruota la riflessione è l’enciclica Casti Connubii di Pio XI, che viene considerata quasi come il simbolo di un approccio riduttivo e rigido alla tradizione sul matrimonio. Questo testo, del 1930, profondamente influenzato dalla impostazione del Codice di Diritto canonico del 1917, orienta tutta la riflessione magisteriale fino ad oggi, avendo profondamente condizionato anche Gaudium ed Spes e Humanae Vitae. In questo testo, secondo Huenermann, troviamo la radice di buona parte delle nostre attuali difficoltà. L’enciclica sarebbe una “risposta” ad un articolo di M. Laros che poneva le tre domande fondamentali del nostro tempo: il significato e l’essenza della comunità coniugale, il divorzio e la limitazione del numero dei figli. Il titolo della enciclica prometteva un approccio complessivo: Sul matrimonio cristiano considerati le condizioni, le necessità, gli errori e i vizi attuali della famiglia e della società. In realtà, il testo procede senza alcun confronto con tutte queste dimensioni:

Il principio ermeneutico in base al quale nella Casti Connubii s’interpretano i testi sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento recita: Dio ha creato il matrimonio come creatore dell’uomo e della donna e al tempo stesso ha pienamente regolato mediante leggi divine, annunciate da Dio attraverso la natura o Gesù Cristo. 32 Ne consegue un fondamentalismo teologico, plasmato da un pensiero giuridico, che presenta i fondamenti biblici in un modo grossolanamente semplificato.” (556)

Ma già negli anni 30 stava nascendo una teologia morale diversa, non condizionata da questa impostazione fondamentalistica e giuridica, che fa sentire ancora oggi la sua influenza sul dibattito sinodale. Soprattutto dopo Humanae Vitae inizia un grande lavoro teologico, per ripensare la tradizione della teologia matrimoniale su basi più adeguate. In una lunga analisi dello sviluppo di tale teologia di nuova impostazione, Huenermann afferma:

Il vincolo indissolubile, che appartiene alla comunità sessuale naturale, viene certamente elevato da Cristo, collegato con la grazia, ma non trasformato in un «ostensorio di Gesù e della sua Chiesa»” (560)

In sostanza, una rilettura della tradizione precedente e successiva a Casti Connubii è in grado di fornire buone prospettive per uscire dalla logica “fondamentalistica” e “ontologica” con cui quella enciclica ha tentato di opporsi frontalmente al mondo moderno. La triade fondamentale che identifica le questioni aperte sul matrimonio (unità, indissolubilità e fecondità), assumono nella risposta elaborata dalla teologia postconciliare – riprendendo anche alcune intuizioni di San Tommaso d’Aquino – bel altra profondità rispetto alla impostazione inaugurata dalla enciclica di Pio XI:

 Se si paragonano le affermazioni qui avanzate su matrimonio e famiglia come comunità sessuale naturale con la Casti connubii, si constata anzitutto l’abbandono del principio basilare fondamentalista di quest’ultima, espresso nel concetto della «lex naturalis», secondo il quale Dio stesso ha istituito il matrimonio e lo ha, riguardo alla sua forma fondamentale, così chiaramente corredato che all’uomo non resta che accettare passivamente questa istituzione del matrimonio e della famiglia così dotata da Dio.” (569)


Se consideriamo che questa impostazione ha avuto una influenza ancora molto forte sul Concilio Vaticano II e su Humanae vitae e resta anche chiaramente percepibile in Familiaris Consortio, comprendiamo quale sia il lavoro di ripensamento e di “conversione” che il Sinodo deve quanto meno impostare e guidare verso una riformulazione complessiva della disciplina del matrimonio e della famiglia in relazione al Vangelo.

 – Sequeri e una “ermeneutica sapienziale della tradizione”

Il secondo testo, che costituisce la “sintesi generale” del bel volume “Famiglia e Chiesa. Un legame indissolubile” (LEV, 2015, 475-490), presenta in modo profondo ed ampio alcune considerazioni decisive in ordine alle medesime tematiche proposte dalla riflessione di Huenermann.

In primo luogo si chiarisce che il Sinodo si muove sul tema del matrimonio/famiglia nel quale

ci sono interrogativi reali da approfondire e questioni nuove alle quali rispondere…formulazioni che vanno sviluppate con maggiore precisione, disposizioni che vanno ricondotte a migliore coerenza, attitudini che vanno esercitate con maggiore efficacia” (477).

Rilevata la esigenza di un più stretto confronto tra le diverse discipline teologiche, nel campo del dialogo tra diritto canonico e dogmatica si afferma che:

la dottrina canonistica non può essere forzata a sostituire l’istruzione teologica della fede rivelata e a definire il più ampio orizzonte della sua elaborazione pastorale” (481)

Per quanto riguarda, poi, il confronto tra morale e pastorale, Sequeri afferma:

Sarebbe perciò del tutto sorprendente – e a dire il vero, motivo di scandalo – che la debolezza e il peccato dell’uomo inducessero la Chiesa all’impotenza e alla rassegnazone della perdita dei suoi figli e figlie. Nel momento in cui essi sono traditi, abbandonati, feriti e persino imprigionati nella loro colpa e incapaci di porre riparo al fallimento, la Chiesa non si sottrae alla loro sincera richiesta di comprensione, di vicinanza, di riscatto. La Chiesa sa la strada. La Chiesa la trova” (485)

Più in generale, Sequeri sottolinea l’utilità preziosa, ma anche il limite intrinseco, di una impostazione affidata solo al concetto e alla legge:

Il logos e il nomos, il concetto e la norma, portano all’economia della mediazione il vantaggio della precisione e del giudizio, senza il quale è semplicemente impossibile affermare e discernere a riguardo del vero e del falso, del bene e del male. La loro parte debole, però, è l’inevitabile inclinazione ad eludere il rapporto della qualità morale con la concretezza della coscienza e con la storicità del vissuto…la funzione integrativa dell’ermeneutica sapienziale della vita è appunto il luogo in cui è onorato il compito della necessaria conciliazione” (487)

E poi aggiunge, in modo significativo:

L’odierna complessità della cultura e del costume, quanto ai rapporti con la dignità personale dell’uomo e della donna, la natura relazionale della sessualità e della generazione, il rilievo ecclesiale e sociale del matrimonio e della famiglia, interpellano inconfutabilmente in modo nuovo questa funzione integrativa dell’ermeneutica sapienziale della Chiesa., in coerente accordo con il rigore e l’efficacia della sua mediazione dottrinale della Parola di Dio. La pastorale è l’intero di questa verità sinfonica della fede, che muove la storia frequentandola e non dissociandosene: comprensione e riformulazione, linguaggio e prassi, attestazione e stile” (487)

 – Un auspicio ecclesiale e culturale

Entrambi questi testi sono di grande utilità. Se il primo rivela in modo netto e fermo tutti i condizionamenti che la “dottrina matrimoniale” ha subito nell’ultimo secolo, il secondo rilegge la stessa storia come premessa per una svolta che attende la Chiesa nei prossimi decenni. Ma non si possono ulteriormente “rinviare” le conversioni. Già i risultati di questo Sinodo – sia in termini di “proposizioni” sia con la “esortazione apostolica” che dovrebbe scaturirne – potranno segnare questo passaggio di stile pastorale e di metodo teologico. La dottrina non è “in discussione”, ma “in riformulazione”. Una disciplina riformata ne sarà lo specchio fedele ed efficace. La cui efficacia non può più subire pause, esitazioni o rinvii: la vocazione pastorale della esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia non può più attendere. Ma la attesa non è solo della Chiesa, ma anche della cultura comune. Offrire una mediazione non fondamentalistica e non ingenua della inesauribile forza della comunione coniugale, che sappia tener al proprio interno anche la possibilità della sua crisi, è una legittima aspettativa non solo delle coscienze credenti, ma delle coscienze tout-court.

 

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