“La parola “famiglia” non suona più come prima…” Diversi obiettivi e diversi stili nella comunione di fine-Sinodo


 

guitton-home4

Alla prima lettura del testo approvato ieri sera, e messo al confronto con la allocuzione di papa Francesco, alcune cose balzano agli occhi. Siano prese come “prime impressioni”, senza la dovuta ponderazione, che solo il tempo è in grado di assicurare:

a) Il testo della Relatio si presenta con un duplice profilo. Da un lato è un grande guadagno perché adotta uno stile e un metodo “positivo” di lettura della realtà familiare, affidandola ad un linguaggio pacato, lucido ed essenziale, comprensivo e sereno; dall’altro è una non piccola perdita, per le omissioni che ha dovuto introdurre (esplicito riferimento alla comunione per gli “irregolari”, omosessualità, primato della coscienza…), allo scopo di mantenere la speranza di ottenere la maggioranza qualificata dei consensi. Non ha negato quasi nulla, ma neppure lo ha affermato.

b) Il risultato di una votazione “compatta” non deve essere trascurato: essa indica che, per questa parte del percorso, papa Francesco ha potuto accompagnare la sua “famiglia ferita” verso una sostanziale riconciliazione, senza perdere l’orientamento ad un ripensamento e ad una conversione significativa della tradizione.

c) Tuttavia, nonostante l’apprezzabile lavoro di rifinitura del testo, volta ad acquisire questo “tono” al contempo rassicurante e aperto, quanta differenza si deve notare rispetto alla forza della Allocuzione che, a conclusione dei lavori, papa Francesco ha donato alla Assemblea! E d’altra parte, proprio questa è la logica del Sinodo: la fatica di un cammino (e di un linguaggio) comune tra Vescovi tanto diversi si compone con la intuizione profetica di un solo Vescovo (di Roma), che presiede e orienta la assemblea, con tutta la sua ispirata libertà.

d) In questi ultimi giorni, più volte era apparso evidente che in questo Sinodo “senza profezia non ci sarebbe stata prudenza”! I due testi che abbiamo letto sono, in modi diversi, la traduzione di questa consapevolezza. La Relatio esercita finemente la prudenza per rendere possibile la profezia. La Allocutio esprima con forza e con passione la profezia della misericordia per operare prudentemente un servizio alla Chiesa.

e) Il consenso prudente maturato dal Sinodo apre sulla profezia ecclesiale affidata a Francesco. Più volte, negli ultimi giorni, sembrava quasi che i Padri sinodali volessero semplicemente “rimandare” al papa l’onere di ogni decisione. Il testo del discorso di Francesco non sembra lasciare dubbi: sulla base del risultato – e senza doversi sentire vincolato dagli equilibri ed equilibrismi dello stesso – egli potrà, e direi anzi dovrà, determinare in concreto questa “buona notizia” che è la famiglia, non per “ripetere quanto già conosciuto e ribadito”, ma per dire “cose nuove”.

f) La traduzione della disciplina del matrimonio è così ufficialmente iniziata. Con il consenso qualificato dei Vescovi e con la determinazione profetica del papa. A questo passaggio necessario, ma non sufficiente, delle “proposizioni sinodali”, dovrà seguire un testo papale, che preveda una serie di “riforme pastorali” perché si affianchino alla “riforma canonica”, che papa Francesco ha già realizzato, poco prima del Sinodo.

g) Non è difficile cogliere, nel discorso di chiusura del papa, una sorta di “programma” di ciò che potrà essere quel “discernimento”, al quale i Vescovi non hanno potuto/voluto dare figura concreta, anche per comprensibili ragioni prudenziali. In tal caso il discernimento non potrà restare solo una “buona intenzione”, ma dovrà entrare nella carne e nel sangue della compagine ecclesiale, modificando le prassi, elevando la cultura e rinnovando i cuori.

h) Se anche un noto editorialista del New York Times – insieme a qualche nostra firma – è caduto nella trappola di pensare che il matrimonio e la famiglia siano compatibili solo con una società chiusa e con una dottrina autoritaria, dobbiamo riconoscere che in questa trappola non sono caduti i Padri sinodali, o, almeno, la grande maggioranza di essi. Annunciare il matrimonio e la famiglia nelle logiche e nel linguaggio di una “società aperta”, uscendo dalla tentazione di ricondurli, come tali, alle logiche rigide di una “società chiusa”: questa mi sembra la linea comune ai due testi che abbiamo conosciuto oggi. Se abbiamo inteso bene, questa è proprio una buona notizia.

i) Alla fine del Sinodo la chiesa cattolica può dire, con le parole ispirate del Vescovo di Roma: “la parola famiglia non suona più come prima”. Ma lo dice non per stracciarsi le vesti in una crisi di nostalgia, ma per affrontare con coraggio e con passione le sfide belle che le riserva la storia a venire. Nella quale il rischio maggiore non è di cambiare il Vangelo, ma di iniziare a comprenderlo meglio.

 

 

 

 

Share