La verità del tempo al cinema: il nuovo anno in due films


vitameravigliaAbouttime

Ogni anno che finisce, bello o brutto che sia stato, pone tutti noi, almeno per un giorno, di fronte alla “questione del tempo”.  Il cinema ha, su questo tema, una autorità del tutto particolare. Lavorando con la “durata” – come il teatro e come la musica – è però in grado di alterare la seguenza del tempo e di manifestare, in una maniera davvero sorprendente, le trame segrete del rapporto tra tempo e identità. Negli ultimi giorni ho visto il film “Questione di tempo”  (2013) di Richard Curtis – che in originale si intitola About Time, “A proposito del tempo” – ed è stato naturale metterlo a confronto con un altro straordinario capolavoro “a proposito del tempo”, ossia La vita è meravigliosa (1946) di Franck Capra – in originale It’s a Wonderful Life. Può essere bello iniziare l’anno considerando che cosa queste ci fanno scoprire, del nostro rapporto col tempo, questi due grandi films. Potrei dire, in senso generale, che entrambi attuano una raffinata forma di riconciliazione con il tempo, ne dischiudono la trama segreta, che per lo più sfugge alla vista e all’esperienza. Smarrire il senso del tempo è molto facile. Recuperarne la trama è il cuore della pienezza e della verità. I buoni film, per realizzare questo ambizioso obiettivo, utilizzano uno strumento che solo il cinema riesce a gestire: ossia la “reversibilità del tempo”, nel quale appare in una luce particolare il grande mistero della libertà. Se il tempo fosse sempre reversibile, infatti, noi potremmo avere conferma “oggettiva” della nostra libertà e saremmo al di sopra della nostra vita, fuori della nostra storia. Controlleremmo, a posteriori, tutta la esperienza. Immersi nel tempo irreversibile, invece, siamo sempre tentati di pensare di essere semplicemente travolti dal destino, implicati in una vicenda che non è nostra, e di cadere così nella disperazione sul tempo. E’ interessante notare che i due film, che giungono a conclusioni assai simili, e lavorano su situazioni assai prossime, percorrono però due strade diverse, per certi versi antitetiche. Proviamo a considerare brevemente prima le somiglianze, e poi le differenze tra i due racconti.

a) Storie di figli, di padri e di meraviglia

Al centro dei due films vi è la iniziazione alla vita di due giovani: George Bailey nel film di Capra e Tim Lake nel film di Curtis  affrontano la loro vicenda di crescita in relazione ai rispettivi padri. L’esempio paterno sta al centro delle loro scelte e delle loro crisi. La lettura di sé, come figli e poi come padri, diventa presto un enigma. Ed è anzitutto enigma temporale. Il primo vuole uscire dal tempo, o meglio, vorrebbe non esserci mai entrato. Ma lo riscopre come luogo di bene e di benedizione. Il secondo arriva a rinunciare a dominarlo, come pure potrebbe, assumendolo invece nella sua elementare immediatezza di dono. Colpisce il fatto che per entrambi sia decisivo scoprire un rapporto “meravigliato” col tempo. Poterlo guardare come al dono più grande, come spazio di relazioni, di incontri, di aperture, di gioia. Tutto questo accomuna i due testi e li rende sorprendentemente affini. Ma vediamo ora in che cosa si differenziano.

b) La vita è meravigliosa e “non essere mai nati”

Il film di Capra comincia nel regno dei cieli ed incrocia le vicende degli uomini con la “messa alla prova degli angeli”, che devono conquistarsi le ali. Nel mezzo della vicenda, la disperazione di George esplode nella preghiera di “non essere mai nato” e nella decisione di porre fine ai suoi giorni, gettandosi nel fiume. L’angelo, lo salva, ma lo accontenta. Rende il tempo reversibile, o meglio rende reversibile la sua vita, e gli mostra come sarebbe stato il mondo “se lui non fosse mai nato”. Avere il privilegio di sperimentare il mondo come sarebbe stato “senza di sé” diventa per George principio di conversione, di rilettura radicale,  di valorizzazione del bene compiuto, cosa che spesso resta nascosta, invisibile, misteriosa. Questa visione gli restituisce le parole della lode, del rendimento di grazie e della benedizione. Lo riconcilia con il presente e gli permette di cantare nella letizia, insieme alla sua famiglia, durante la notte di Natale, su cui il film si chiude.

c) Questione di tempo e rivivere due volte lo stesso giorno

Il film di Curtis affida ad alcuni uomini la possibilità che Capra attribuisce agli angeli. Quando Tim compie 21 anni, il padre gli rivela il primo segreto: se si chiude in un luogo buio e ritorna con la mente a ciò che ha vissuto nel passato, può tornare fisicamente indietro nel tempo. Questo ha un impatto anzitutto sentimentale, relazionale e sessuale sul giovane. E gli dischiude la via dell’amore. Ma più tardi l’amore, che genera figli, rende sempre più difficile la reversibilità del tempo: ogni figlio che nasce diventa “punto di non ritorno”. Fino al momento in cui, la nascita del terzo figlio ormai imminente renderà impossibile il ritorno al padre, nel frattempo defunto, ma ancora raggiungibile “per reversibilità”. Allora il padre, nell’ultimo incontro, rivela il secondo segreto. Usare il potere di “reversibilità del tempo” in modo capovolto, per perdere potere sul tempo: saper rivivere una intera giornata, senza modificarne nulla, ma cambiando lo sguardo e il modo di starci dentro. Alzare lo sguardo sulla vita, e prendere ogni giorno “come quello nel quale si sarebbe voluto arrivare”. Così, alla fine, la rinuncia alla reversibilità, la rinuncia a “tornare indietro” diventa per Tim la benedizione del tempo donato e accolto, delle relazioni da curare e da alimentare.

d) Un bel modo di iniziare l’anno

Le due trame, che hanno anche i tratti della tragedia, conservano però sempre un tono lieve, discreto, ironico, quasi da commedia. Sia il grande cinema americano, sia il grande cinema inglese, possono parlare delle cose più serie con una ironia e un velo di sorriso che destano sempre sorpresa e ammirazione. Le grandi risoluzioni finali dei due film – George in festa con la sua famiglia, e Tim che saluta la figlia davanti alla scuola e telefona sereno alla moglie – sono icone indimenticabili di un tempo riconciliato, perché gustato come un dono da condividere, nella gioia. Assumere il tempo, con tutta la sua apparente indifferenza, come luogo di costruzione dell’umano, in un rapporto delicato tra generazioni, nella apertura di spirito alla novità, è sempre una grande sfida. I veri doni sono sempre nascosti. Il tempo lo è in forma esemplare. La visione di questi due films, meditata in parallelo, ci permette di custodire il dono del tempo nella meraviglia con cui assumiamo ogni istante, nella gioia con cui possiamo alzare lo sguardo e riconoscerci chiamati a dare tempo per stare e restare nel tempo.  Per entrare nel 2021 è difficile trovare guide migliori.

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