Pesca simbolica, pesca diabolica



Fa discutere uno spot pubblicitario in cui una bambina, in compagnia della mamma, compra una pesca in un supermercato, poi la nasconde nel suo zaino e quando il papà (evidentemente separato dalla mamma) va a prenderla a casa della mamma, la piccola dona al papà la pesca, presentandola come un regalo della mamma.
Lo spot è girato con grande finezza e si presenta in una versione lunga e in una più breve. È chiaro che si tratta dell’inizio di una campagna pubblicitaria, allo scopo di promuovere il buon nome della catena di supermercati. Cerchiamo di capire bene le due funzioni simboliche che stanno al centro del racconto.

La finzione simbolica visibile: la pesca donata

La pesca intorno a cui ruota il racconto è l’oggetto di una elaborazione simbolica della bambina che vive la separazione tra il papà e la mamma. Va a comprare la pesca insieme alla mamma, ma poi la dona al papà come regalo che attribuisce alla mamma. La bambina ricostruisce la relazione tra genitori assumendo la pesca come forma e orizzonte di riconciliazione. Una unione tra i genitori torna ad essere possibile nella pesca donata, che riapre il rapporto di dono tra la mamma e il papà. Il modo con cui è presentata la storia è tutto nel gioco di sguardi tra la bambina, la pesca, la madre e il padre: piccolo capolavoro di regia cinematografica. Il desiderio della bambina trasforma la pesca nel simbolo della famiglia ferita che aspira alla riconciliazione e la realizza nella pesca donata. È la finzione simbolica visibile.

La finzione diabolica invisibile: la dipendenza affettiva della fidelizzazione al supermercato

Uno spot pubblicitario non contiene mai soltanto una dimensione comunicativa, ma sempre almeno due: la finzione simbolica invisibile è quella che associa tutta la scena ad una catena di supermercati e che sostituisce la relazione desiderata e irresistibile con un bene o con un servizio. Questo modo di comunicare crea un livello nascosto di comunicazione, che funziona diabolicamente, ossia separa il soggetto dalla propria identità, creando una identificazione fittizia. Mentre la finzione simbolica costruisce relazioni reali, dà forma a speranze fondate, la finzione diabolica separa dalle relazioni reali e costruisce mondi fittizi, divisi e in conflitto. Lo spot pubblicitario si fonda su questo doppio livello di comunicazione e genera per lo più identità distorte, perché scambia ad arte l’interesse con il disinteresse, il profitto con la gratuità. Con lo spot pubblicitario si vende la famiglia felice come un biscotto o come una pasta, si vende il fascino personale come uno shampoo, si vende il riscatto come una gomma da masticare, si vende la salute dell’anima e il perdono del peccato come un’acqua minerale.

Come difendersi dall’uso diabolico dei simboli?

L’unico modo per “difendersi” da questo uso distorto dei valori più alti, in contesti che sono soltanto commerciali, è di “smascherare” il simbolo diabolico nascosto. Se riesci a portare a coscienza a quale scopo la storia toccante ti viene raccontata, ti salvi dalla “dipendenza di fidelizzazione” e forse non metti più piede in quel supermercato, che usa violentemente un simbolo delicato di desiderio, di sofferenza e di speranza, solo per far soldi.

Nel suo viaggio negli Stati Uniti papa Francesco, incontrando il vescovi nel seminario San Carlo di Filadelfia, ha fatto un paragone tra il negozietto di quartiere e i centri commerciali, come “mondi diversi”, basati su relazioni o su assenza di relazioni, nei quali è possibile essere spirituali. La pesca si può simbolizzare tanto nel negozietto quanto nel centro commerciale. Certo potrebbe sorprenderci il fatto che la spersonalizzazione, che attenta ai legami, tipica di un supermercato, possa capovolgersi nella ricerca della riconciliazione e nella ripresa dei legami. La nostalgia dei legami forti, spacciata come verità di uno dei luoghi di più alta spersonalizzazione, come il supermercato! La pesca simbolica ci libera alla vita buona; la pesca diabolica ci illude che sia un supermercato a garantirci la libertà, e così ci rende schiavi. Forse imparando a guardare con occhio lungimirante la storia di questa bambina ci prenderemo a cuore le forme di vita, ma capiremo anche a quale livello di cinismo può arrivare la logica del profitto. Forse ne trarremo la conseguenza di non mettere mai più piede in quel supermercato, che usa i migliori sentimenti per attirare soltanto il portafoglio delle persone. Solo così una pesca matura, come la slitta Rosebud, resiste alla cattura potente da parte della macchina senza cuore della comunicazione commerciale.

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