Quanto è falsa questa Amazzonia anonima!


 

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Un “gruppo internazionale di Padri” – di cui non si conosce né la identità né il numero, e che si dà una lucidatina autonominandosi in latinoCoetus internationalis Patrum – ha pubblicato una lettera anonima nella quale identifica “4 proposizioni” dell’Instrumentum Laboris (=IL) per il Sinodo sulla Amazzonia, delle quali considera “inaccettabile” il contenuto. Nel testo si dice di aver proceduto “secondo il metodo classico”. In realtà di classico non vi è proprio nulla in queste righe. Presento il testo e passo poi a smontarne la fragilissimastruttura, basata su una ricostruzione caricaturale e ingannevole delle parole del documento.

La lettera anonima dei “numerosissimi”

Al Papa e ai padri sinodali

Noi, numerosissimi prelati, sacerdoti e fedeli cattolici di tutto il mondo, facciamo presente che l’Instrumentum Laboris preparato per la prossima assemblea del Sinodo pone seri interrogativi e desta gravissime riserve, per la sua contraddizione sia con singoli punti della dottrina cattolica sempre insegnata dalla Chiesa, sia con la fede nel Signore Gesù, unico Salvatore di tutti gli uomini. Ne abbiamo tratto, secondo il metodo classico, quattro proposizioni in forma di “tesi”, riportando i termini del documento. In coscienza e con molta franchezza, l’insegnamento che essi trasmettono è inaccettabile.

1. La diversità amazzonica, soprattutto religiosa, evoca una nuova Pentecoste (IL 30): rispettarla è riconoscere che ci sono altri cammini di salvezza, senza riservarli esclusivamente alla propria fede. Gruppi cristiani non cattolici insegnano, d’altronde, altre modalità di essere Chiesa, senza censure, senza dogmatismi, senza discipline rituali, forme ecclesiali (IL 138), di cui la Chiesa cattolica dovrebbe integrare alcune. È distruttivo dello stesso credo riservare la salvezza esclusivamente al proprio credo (IL 39).

Contro, tra altri: Dominus Jesus, 14 e 16.

2.L’insegnamento della teologia pan-amazzonica, che tenga conto specialmente dei miti, dei riti e celebrazioni delle culture d’origine, è richiesto in tutte le istituzioni educative (IL 98 c 3). I riti e le celebrazioni non cristiane vengono proposti come «essenziali per la salute integrale» (IL 87) e si chiede di «adattare il rito eucaristico alle loro culture» (IL 126 d). Sui riti: IL 87, 126.

Contro: Dominus Jesus 21.

3.Tra i luoghi teologici (cioè tra le fonti della teologia, come la Sacra Scrittura, i Concili, i Padri) si trovano il territorio [dell’Amazzonia] e il grido dei suoi popoli (IL 18, 19, 94, 98 c 3, 98 d 2, 144).

Contro: Dei Verbum 4, 7, 10.

4.Viene suggerito di conferire l’ordinazione a persone anziane, che abbiano famiglia, e di conferire “ministeri ufficiali” a delle donne. Si propone così una nuova visione dell’ordine che non proviene dalla Rivelazione, ma dagli usi culturali dei popoli amazzonici (che prevedono, tra l’altro un’autorità a rotazione). Si dovrebbe allora fare una separazione tra il sacerdozio e il munus regendi (IL 129 a 2, 129 a 3, 129 c 2).

Contro: Lumen gentium 21, Presbyterorum ordinis 13, Pastores dabo vobis 26;

ed inoltre contro: Sacerdotalis cælibatus integre e spec. 21 e 26, Ordinatio sacerdotalis 1, 3 e 4; Pastores dabo vobis 29.

Una teologia truccata e autoreferenziale

Nella breve premessa alle 4 tesi, come dicevo, si annuncia di procedere “secondo il metodo classico”. In realtà lo stile classico dovrebbe prevedere due passaggi essenziali:

– identificare bene ciò che dice il documento sinodale

– mostrare la contraddizione con il magistero

Entrambe queste operazioni sono condotte in modo troppo approssimativo e del tutto scorretto. Ed è facile “vincere” quando si ricostruisce la posizione dell’avversario come quella di un pugile “fermo” e con la “guardia bassa”. Questo è un procedimento tipico della teologia deteriore: ricostruisce la posizione del nemico in modo caricaturale, per poter avere più facilmente ragione su di lui. Ognuno dei 4 punti indicati come “inaccettabili” in realtà suona, nel testo dell’IL in modo del tutto diverso. Ne offro un esempio esaminando tutti gli errori di lettura che si trovano nella prima delle tesi.

Come si vede bene dai numeri di IL tra parentesi a cui la prima tesi rinvia, si fa un collage di testi – presenti in IL ma citati non letteralmente – e presi dai nn. 30, 138 e 39. Ma la cosa grave è che, decontestualizzando le affermazioni, le si tradisce radicalmente nelle loro intenzioni e le si sfigura, portandole a dire ciò che non dicono affatto. Mi sembra che chi ha composto le tesi abbia proceduto in modo molto rozzo, incompetente e non fedele. Ecco le “fonti” ricostruite nel loro tenore letterale e contestuale:

a) IL 30 ricostruisce il cammino della Chiesa Amazzonica in rapporto allo sviluppo impresso alla evangelizzazione dal Concilio Vaticano II. Per questo si conclude con la “evocazione di una nuova Pentecoste”, che può essere intesa solo all’interno di questo percorso storico di continuità rispetto agli ultimi 60 anni. E’ questa continuità con il Vaticano II che la tesi non solo “ignora”, ma vuole far dimenticare;

b) IL 138 sta parlando, invece, in altro contesto, di altri gruppi di evangelizzazione, nella foresta, che assicurano una prossimità ai poveri e che costituiscono un esempio di efficace presenza accanto al popolo. In nessun modo, dalla lettura del testo, si può desumere quella identificazione con cui la tesi – inserendo parole che non ci sono – dà ad intendere che la “nuova Pentecoste” si identifichi con quei gruppi. Sono “altri” da cui possiamo imparare qualcosa di fondamentale.

c) Infine, IL 39 viene citato in modo del tutto fuorviante, come se il documento incitasse ad un distruzione della propria tradizione e a un sincretismo senza identità. Il tema, di cui si sta parlando in questa parte del documento, è invece il dialogo. IL 39 sottolinea quanto sia preziosa una apertura all’altro come struttura dell’atto stesso della fede. Eccone il testo, che va letto nella sua integralità:

Molti popoli amazzonici sono costituzionalmente dialogici e comunicativi. C’è un ampio e necessario campo di dialogo tra le spiritualità, i credo e le religioni amazzoniche che richiede un avvicinamento amichevole alle diverse culture. Il rispetto per questo spazio non significa relativizzare le proprie convinzioni, ma riconoscere altre vie che cercano di svelare l’inesauribile mistero di Dio. L’apertura non sincera all’altro, così come un atteggiamento corporativo che riserva la salvezza esclusivamente al proprio credo, sono distruttivi di quello stesso credo. Questo è quanto Gesù ha spiegato al Dottore della Legge nella parabola del Buon Samaritano (cf. Lc 10,30-37). L’amore vissuto in ogni religione piace a Dio. “Attraverso uno scambio di doni, lo Spirito può condurci sempre di più alla verità e al bene” (EG 246).

Come è evidente, la citazione che chiude la tesi n.1, utilizzando con troppa libertà alcune parole del testo, scollegate dal contesto in cui appaiono e ricostruite arbitrariamente in una nuova frase di tono apodittico, tradisce irrimediabilemente il testo stesso, lo sfigura e può farlo diventare il “nemico” che si oppone a Dominus Jesus. In realtà non vi è contraddizione di IL né con Dominus Jesus, né con Dei Verbum né con Lumen Gentium o con Presbiterorum Ordinis.

I nostri “numerosissimi”, ma anche “incompetentissimi”, non hanno capito il Concilio Vaticano II e non hanno letto davvero IL: hanno fatto un riassunto pasticciato e unilaterale, che non ha altra funzione che una viscerale opposizione alla Chiesa che cammina e che esce. Trovano solo discontinuità e rotture dove vi è profonda continuità nel progresso delle istituzioni e nella vita che cambia.

Dunque anche per me è inaccettabile il contenuto delle 4 proposizioni. Ma esse non hanno nulla a che fare con IL a causa di una “metodo di argomentazione” che non fa onore alla teologia cattolica classica. E forse tra i numerosissimi “prelati, pastori e laici”, che coraggiosamente non hanno firmato la lettera, mancano proprio le risorse teologiche minime per dare senso ad una operazione del genere.

Ho già perso troppo tempo dietro ad un testo scombinato, pieno di strafalcioni e senza spessore. Ho voluto però esaminare nel dettaglio almeno una delle 4 tesi, per dimostrare a tutti i lettori che l’anonimato della lettera corrisponde alla incompetenza dei suoi autori. Credo infatti che il motivo dell’anonimato dei “numerosissimi” non siano le “purghe” da evitare, come loro stessi cercano di dare ad intendere, ma il rossore sul volto da non provocare, con la presunzione di indirizzare un ammonimento ecclesiale al Papa e ai vescovi che si rivela non essere all’altezza né della bella sfida sinodale che sta per iniziare, né della grande tradizione che i numerosissimi non firmatari vorrebbero difendere, ma che dimostrano di non conoscere affatto.

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