Munera 1/2017 – Paolo Guerriero e Jean-Luc Marion >> Uno sguardo di tenerezza

Nessuna pittura, nemmeno la più realista, riproduce alcunché, perché essa sempre produce. Ma essa non produce tanto una cosa, ancora meno un oggetto, quanto un effetto. Un effetto nel visibile, o piuttosto – attraverso il visibile – nello e sullo spettatore. Questo effetto non mostra qualcosa allo spettatore se non per donargli uno stato d’animo – un’affezione, una gioia, un dolore, un’intonazione, una passione. In breve, precisamente, uno stato d’animo.

Questo è ciò che tenta ogni pittore degno di questo nome. Egli tuttavia non vi perviene se non alla condizione che l’effetto a cui egli aspira si ritrovi non turbato da troppe perturbazioni: da intenzioni troppo coscienti, da determinazioni sociali o psicologiche pesanti, da evidenti calcoli da virtuoso, etc. L’effetto si purifica nella misura in cui il pittore dimentica se stesso. Tra le tante posture contemporanee, l’arte povera e l’Art brut puntano a questa ascesi.

Paolo Guerriero ci tocca proprio perché le costrizioni involontarie che pesano sul suo lavoro lo purificano e gli permettono di raggiungere talvolta, se non spesso, un effetto puro, un effetto purificato e purificante, esercitato sul suo spettatore.

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