Dopo quattro anni come decano della Facoltà di Teologia cattolica dell’Università di Tubinga, nell’autunno del 2004 ho sperimentato una condizione che non mi era mai capitata prima, ossia un esaurimento nervoso di media intensità. Di media intensità, dato che non mi ci sono voluti più di tre mesi per superarlo e riguadagnare l’energia di una volta. Quello che mi è rimasto particolarmente impresso nella memoria è l’esperienza implacabile di non riuscire a realizzare nulla durante il periodo di esaurimento.
Quante cose mi ero ripromesso di intraprendere dopo la presidenza di facoltà, quante pubblicazioni e progetti di ricerca! Ma nulla di tutto questo è stato possibile: lo stato di prostrazione emotiva, fisica e spirituale nel quale mi trovavo risucchiava tutte le mie forze. La cosa peggiore dell’esaurimento è che niente ti fa più arrabbiare o gioire per davvero: ci si ritrova in una strana condizione di svogliatezza e di indifferenza, incapaci di reagire e privi di stimoli. Se, per esempio, in precedenza ero contento quando uscivano delle mie nuove pubblicazioni, ora le guardavo e le mettevo da parte, apatico.