Munera 2/2018 – Consuelo Corradi >> La differenza maschile/femminile come invariante delle società umane

Descrivere è importante, è sempre il primo passo nel discernimento dei fenomeni sociali, perché abbiamo bisogno di capire con molta precisione i contorni dei problemi che ci stanno davanti. La sociologia interpreta le forme della società, fa emergere i fenomeni sociali che fanno sempre da tela di sfondo alle vite e alle scelte individuali. Ma descrivere non basta, perché si tratta di un’azione neutra che ci fa restare sulla superficie delle cose, senza andare in profondità. La sociologia non è una presa d’atto sulla società contemporanea, ma un’interpretazione di questa. La presa d’atto implica che, per il fatto stesso di esistere, ogni fenomeno sociale sia legittimo, giusto o adeguato, senza curarsi delle conseguenze sociali di questo riconoscimento. E qui “sociali” significa: conseguenze per tutti. Il riconoscimento giuridico e sociale di alcune forme di socialità umana comporta conseguenze per tutti, cioè anche per coloro che tali forme non praticano o in esse non si riconoscono.

Alcuni cenni storici ci permettono di affrontare con immediatezza la nostra tematica. Più volte è stato ricordato che, in origine, la differenza maschile/femminile sembra essere una differenza “naturale” sulla quale viene costruita un’organizzazione “sociale”. In un celebre volumetto, Pierre Bourdieu afferma che la divisione naturale dei sessi sembra essere iscritta nell’ordine delle cose e ci appare pertanto normale e naturale, mentre racchiude una visione androcentrica di dominio maschile.

Nelle lingue dove esiste la differenza tra nomi di genere maschile e di genere femminile quasi sempre la parola “uomo” sussume i due e acquista un carattere universale. Per molti secoli, e in tutte le società umane, la biologia ha determinato la divisione sociale del lavoro: gli uomini avevano preminenza nella sfera pubblica, le donne nella sfera privata; gli uomini seguivano la guerra, il potere, gli affari; le donne seguivano la casa e la prole. Per estensione, il potere degli uomini si esercitava anche come dominio del maschile sul femminile. Fino a un certo momento della storia umana ovunque guardiamo troviamo questa distinzione fondamentale: in Cina, in India, in Giappone, che hanno culture secolari; nel continente africano, nel continente americano, in Oceania, in Europa. Non senza conflitti, la partizione biologica maschio/femmina e la traduzione di essa in ruoli distinti hanno governato la società.

C’è un momento e un luogo in cui questa “naturalità” si rompe. Dove e quando? Il luogo è chiaro: l’Europa, cioè il continente cristiano.

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