Munera 2/2020 – Giovanni Chiaramonte >> Jerusalem. Figure della promessa

Le tavole dei dieci Comandamenti davanti a cui giocano le bambine di una scuola, un aquilone che si alza nel cielo di un parco durante la festa della Repubblica di Israele, il ceppo di un albero sul luogo della battaglia combattuta tra giordani ed ebrei nel corso della guerra del 1967, la tomba di Davide, il Muro del Pianto, il cenacolo in cui Gesù, gli apostoli e Maria hanno celebrato la Pasqua, la cripta del Santo Sepolcro, la soglia della Moschea dove i musulmani si dirigono verso la preghiera del venerdì sono alcune delle 36 immagini che testimoniano del pellegrinaggio a Gerusalemme di Giovanni Chiaramonte.

Il fotografo sale sul Monte Sion da Berlino dove, meditando sull’architettura di Friedrich Schinkel e sui testi di Walter Benjamin, Gershom Scholem, Romano Guardini, Hannah Arendt comprende che la tragedia della Shoah in Germania è scaturita da un percorso del Moderno in Occidente che a Berlino, come a Parigi, come a Londra, come a Washington, ha sviluppato la propria politica e la propria cultura prevalentemente nella memoria di Atene e Roma, escludendo il fondamento decisivo di Gerusalemme.

A proposito delle immagini di Jerusalem Antonio Sichera scrive che, nell’eredità di Benjamin, il punto di partenza di Chiaramonte “è quello di permanere dentro la modernità romantica e le sue conseguenze, imprimendo all’esperienza estetica una curvatura, una tensione interna, che mentre continua a restare dentro, mentre aderisce fedelmente alla propria storia, prova a fessurarla in direzione del tempo messianico”.

Per Arturo Carlo Quintavalle “scorrendo le immagini di Jerusalem, trovi altri segnali: prima di tutto la gente, gente comune, abitanti, turisti spesso intenti a dialogare, a leggere, magari ad abbracciarsi … ogni foto è strumento di meditazione, ogni foto è un indice, invita lo sguardo verso una direzione: che sia una finestra verso il cielo … oppure una strada della Via Dolorosa con una luce che piove dall’alto, ovunque trovi la stessa dimensione temporale oltre che spaziale di attesa, uno spazio che attende un evento, come le gotiche arcate del Cenacolo, come lo spazio sospeso del Dopo l’Ultima Cena.

Il poeta Umberto Fiori, la cui opera omnia è stata recentemente pubblicata da Mondadori, ha scritto per queste fotografie 14 brevi componimenti, intitolati Gerusalemme. Descritture dalle immagini di Giovanni Chiaramonte: “Il mondo è qui, / perfettamente sparito. / Il cielo sostiene un arco; / l’arco, sopra di sé, / altro cielo”.

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